domenica 13 settembre 2009

Nazisti per sempre


Riportiamo l'articolo di Paolo Tessadri pubblicato su "L'Espresso" dell'8 settembre 2009: Nazisti per sempre

Grazie alle indagini di un pm si apre a Verona il processo contro 14 responsabili di efferati crimini nel 1944. Sono tedeschi che non si sono mai pentiti

Allora erano ventenni, con l'uniforme del Terzo Reich e l'ordine di fare terra bruciata. Ora sono diventati vecchi, ma non si pentono di avere massacrato la popolazione di interi paesi sui monti tra Toscana ed Emilia. Ne parlano al telefono, senza rimorsi. "Anche le donne? Anche i bambini?". "Sì". "Non avete quindi fatto alcuna differenza: avete falciato tutto?". "Sì". L'importante è che questa storia resti sepolta, che i magistrati tedeschi e italiani finiscano di dargli la caccia: "Io ho sempre negato: ho fatto lo gnorri e non mi veniva nemmeno difficile. Anche se avessi riconosciuto qualcuno... Lo sai com'era da noi: non avevamo sempre le mani pulite e non posso certo tradire i camerati". E l'altro veterano delle stragi ride: "Certo che no. Però noi due sappiamo quello che succedeva...". "Sì. Dopo la guerra non volevo ricordare niente: l'ho rimosso fino a ora e continuerò a rimuoverlo. Sono passati tanti anni e mi sono rotto le scatole".
Queste conversazioni sono un documento unico. A parlare sono 14 dei militari che nella primavera del 1944 massacrarono la popolazione dei borghi di Monchio, Cervarolo e Vallucciole sull'Appennino tosco-emiliano uccidendo 360 persone, incluse - come ricordano serenamente - donne e bambini. Non fu una rappresaglia, non fu una vendetta per gli attacchi dei partigiani, ma un'operazione preventiva per rendere sicure le retrovie della linea gotica. I fucilatori appartenevano a un'unità molto speciale, la divisione Hermann Göring, che già prima dell'armistizio si era distinta per i crimini contro la popolazione. Ora i superstiti di quella macchina di morte finiranno sotto processo il 5 ottobre a Verona, rintracciati grazie alle indagini del pm Marco De Paolis che ha condotto le più importanti istruttorie sugli eccidi nazisti in Italia. In questo caso determinante è stata la collaborazione con gli investigatori tedeschi, che con perquisizioni e intercettazioni hanno smantellato la rete difensiva degli imputati.
A tradirli è stato proprio il loro attaccamento alla memoria dei giorni di battaglia. In casa di Alfred Lühmann, all'epoca giovane caporale, è stato trovato il diario di guerra, con l'attività di ogni singola compagnia coinvolta negli eccidi. Herbeck Döneke al telefono gli aveva raccomandato invano: "Per carità, nascondilo". E Horst Gabriel, un altro dei vecchietti impenitenti, si infuria: "Ma sei matto? Glieli hai fatti vedere! Io ho sempre detto "non lo conosco, mai visto" anche se c'erano alcuni volti conosciuti. Ma io ho sempre negato...".
C'è chi. come Lühmann, racconta ai camerati di essere tornato in vacanza proprio sui luoghi dello sterminio. E poche ore dopo mente anche ai propri famigliari. Al figlio che gli domanda: "C'è differenza tra sparare a partigiani o a civili", lui risponde che era solo un soldato e ha sparato "solo a partigiani che erano fuggiti nella valli laterali". Invece ricorda bene, sa "che si sono verificate altre atrocità". E Schulze-Rohnoff gli consiglia: "Eviterei quindi del tutto di parlarne". Mentre a un altro camerata Lühmann riferisce che al procuratore non ha detto nulla, nemmeno di quel sottufficiale che ha sparato in testa a una o più donne. "Lo sai quello... Quello, lo conosci no, quello che ha sparato in testa alle donne. Io ricordo ancora, come si chiamava?", gli chiede Horst Gabriel. E Lühmann: "Sì, sottufficiale Hausmann, mi pare". Poi racconta un massacro "in cui alcuni bambini sono sopravvissuti". Si lasciano andare alle confidenze sui giorni di guerra. "Sì, sì, non ci siamo tenuti per niente indietro", ricorda Gabriel a Lühmann. Che risponde: "Certo, lì ci abbiamo dato dentro... Ma se vengo interrogato dirò che non ricordo nulla".
L'avvocato Ernesto D'Andrea"Neppure oggi c'è un pur pavido rimorso", spiega l'avvocato di parte civile Ernesto D'Andrea. È un orrore senza limiti, che ogni tanto viene squarciato proprio dall'eccesso di nostalgia. Come Wolfgang Bach, ex ufficiale che ha scritto un memoriale sulla divisione Göring, finito sui giornali e usato per identificare i responsabili dei massacri. I suoi camerati lo insultano: "Quelli da dove l'hanno saputo? Eh certo, dal comportamento da minchione di Bach!", si sfoga Lotz: "Sono talmente arrabbiato: ci hai messo nella merda, accidenti! A questo punto, Wolfgang, devo dire: stai attento! Nell'azione verso monte Falterona sono stati uccisi anche bambini, anche un neonato di tre mesi. L'omicidio non è caduto in prescrizione". E invita Bach a tacere: "Lì sono capitate quelle cose con il neonato di tre mesi, eccetera e Wolfgang... Tu lì non ci sei stato, non ci sei stato per niente". Lotz cerca di convincere Bach a negare qualsiasi partecipazione, scrive la polizia tedesca, e a dire che in quelle azioni non erano presenti bambini. I depistaggi sono stati sistematici. "Devono aver ripulito ben bene. Non riesco nemmeno a immaginare...", commenta Bach. E Lotz conferma: "È andata davvero così, ma di questo ne parliamo più tardi".
L'episodio si riferisce con molta probabilità alla strage di Vallucciole dove un anziano ha raccontato che "i tedeschi non risparmiarono neppure una donna con il suo bambino appena nato che stava allattando. Erano spietati, delle belve assetate di sangue". Wolfgang Bach non sarà in tribunale: è morto da poco. A impartire la consegna del silenzio è stato soprattutto Lotz, ex ufficiale del comando e presidente dell'Associazione del corpo dei paracadutisti. Al telefono ammette che la morte del neonato "è stata veramente un porcheria. Lì di reazioni esagerate ce ne sono state e alcuni camerati mi hanno detto apertamente come hanno operato: ahiahiahiahi!". La polizia tedesca sintetizza i suoi discorsi: "Lotz conferma che per un comandante di compagnia non vi sarebbe stata nessun'altra possibilità che "distruggere alla radice" un simile covo. Non sarebbe stato possibile dividere prima le donne e i bambini dagli uomini". Anzi, i bambini erano un bersaglio: "All'epoca egli avrebbe avvertito di continuo di "stare attenti ai bambini. Sono i più pericolosi poiché non sembravano strumenti dei partigiani, maledetti italiani!".
Lotz invita gli altri reduci a tacere o mentire. E se necessario può aiutarli finanziariamente nella scelta di un avvocato: "Ma per l'amor di Dio chiudete la bocca così che né io né i camerati andiamo a finire nel fango", ripete a tutti. Il vecchio combattente nazista ha però paura dei magistrati e si fa fare un certificato medico per sfuggire all'interrogatorio. Telefona a un medico compiacente "che da buon camerata ancora una volta sarebbe stato al suo fianco", scrive la polizia federale. Poi parla con la figlia a cui legge il certificato e alla fine "entrambi ridono": "Tanto il procuratore è uno stupido". Ma la rete di connivenze di Lotz è estesa. Arriva anche in alto: "Ho appena parlato con quel procuratore generale importante di qui, che dice naturalmente: "Come si può fare una cosa del genere a un ottantottenne! Deve presentare un certificato medico, dire che non è in grado di subire interrogatori". Anche se le sue stragi se le ricorda ancora molto bene.

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