lunedì 28 settembre 2009

Cervarolo: "I fascisti ispiratori della strage, le prove: documenti e testimoni"


Eccidio di Cervarolo. Rovali (Comitato vittime) replica allo storico Tadolini
"I fascisti ispiratori della strage, le prove: documenti e testimoni"

Articolo tratto dal "La Gazzetta di Reggio" del 9 settembre 2009

VILLA MINOZZO. "Le osservazioni di Luca Tadolini sono un falso storico, per coprire crimini e criminali fascisti"
Ad oltre 65 anni dall'eccidio di Cervarolo - nel mirino di un processo che vedrà, in autunno, sul banco degli accusati 13 militari tedeschi - le contrapposizioni rimangono forti ed Italo Rovali non ha mandato giù gli "attacchi" giuntigli da chi guida il Centro Studi Italia: la replica, sofferta, arriva da un uomo che ha avuto la famiglia falcidiata in quella rappresaglia e da tempo si batte come e da tempo si batte come coordinatore del Comitato dei familiari delle vittime.
I FONOGRAMMI. "Sono in possesso - rimarca Rovali in un'articolata lettera alla 'Gazzetta' - e posso mettere a disposizione di tutti, giornalisti e lettori, i fonogrammi del comando della 72^ Legione Comando generale G.N.R. (Guardia nazionale Repubblicana) di Reggio che, dal 12 marzo 1944 al 23 marzo 1944, dispongono prima la dislocazione dei militi del G.N.R., poi le operazioni di rastrellamento comandate dal tenente Galini. Dopo la battaglia di Cerrè Sologno, il 19 marzo 1944, documentano il proseguo delle operazioni militari a Cervarolo con l'agghiacciante fonogramma a mano, a firma del colonnello Orofaro della G.N.R., che recita: "Durante continuazione rastrellamento condotto 3^ compagnia paracadutisti E. Ghoring e reparti Guardia Nazionale Repubblicana di questa regione, ha avuto svolgimento azione di rappresaglia contro abitanti e popolazione frazione di Cervarolo... Deceduti 23 civili tra cui il parroco". Nel successivo fonogramma del 23 marzo 1944 della milizia fascista - prosegue - viene ordinato il proseguo di dette "nobili opere", il riordino dei presidi della montagna e viene nominato comandante Giuseppe Montecchi. Ciò prova l'affiancamento volontario e la responsabilità oggettiva dei fascisti, nella strage di Cervarolo, di inermi cittadini". Ma Rovali ha altra documentazione da contrapporre alle osservazioni di Tadolini.
LE TESTIMONIANZE. "Ancora erige croci commemorative, affiancato da 150 camerati. Ho i nomi - puntualizza Rovali - di 63 gerarchi fascisti, due sono state le spie fasciste che guidarono il branco armato a Cervarolo. Agghiacciante la testimonianza di Armando Chiesi, il cui padre vide le truppe fasciste la sera del 20 transitare nella mulattiera sotto la sua casa. Coperto da un lenzuolo bianco, invisibile nella neve, sente la seguente frase: "Questa volta abbiamo trovato il covo dei partigiani". Ciò che più stupisce della moralità di questi fascisti sciacalli e che lo stesso Chiesi riferisce, che imitavano le urla e lo strazio delle moglie nel momento del distacco dai mariti, portati a morire nell'aia".
I PARTIGIANI. L'ultima replica è sul ruolo dei partigiani. "Tre erano i partigiani del paese, i gruppi provenienti dalla pianura dopo lo scontro di Cerrè Sologno riportarono gravi perdite e si sciolsero sul versante modenese, non potevano difendere Cervarolo dalla rappresaglia pianificata ormai da tempo da fascisti e nazisti". (r.s.)

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La polemica.
Due i punti contestati dal Centro Studi Italia
"I partigiani non difesero Cervarolo"
Sono due i principali punti di disaccordo tra Luca Tadolini (Centro Studi Italia) e la ricostruzione di Italo Rovali. "Giustamente si ricorda - ha rimarcato Tadolini - che la rappresaglia venne in seguito al combattimento di Cerrè Sologno, vinto dai partigiani. Rimase ferito Barbolini (comandante partigiano modenese) e prese il comando Didimo Ferrari, Eros, che a Monte Orsaro, il 16 marzo, ordinò di fucilare tre prigionieri italiani e tre tedeschi. Il giorno dopo da Monte Orsaro, i partigiani arrivano a Cervarolo. Nelle stesse ore, i rinforzi italo- tedeschi trovano i cadaveri dei prigionieri lasciati sulla neve, e lo comunicano al comando tedesco che toglie la direzione delle operazioni ai militari reggiani, in quanto il tenente Riemann non intendeva partecipare alla rappresaglia a Cervarolo, all'alba del 19 marzo, Didimo Ferrari scioglie la formazione e sparisce nei boschi, senza avvisare la popolazione di mettersi in salvo e senza tentare azioni diversive per allontanare i militari dai civili che li avevano ospitati. Sono passaggi che non possono scomparire dalla storia di questa rappresaglia".
La seconda "lacuna" - secondo Tadolini, riguarda la questione delle spie fasciste. "Informazioni sulla guerriglia in montagna, dagli abitanti a carabinieri o alla milizia, arrivavano con una certa "normalità", in quanto la guerra appariva ancora lontana, la guerriglia debole. Nel caso di Cervarolo, è difficile individuare nei fascisti una possibile premeditazione della rappresaglia tedesca, che vada oltre l'intento di ausilio o alle operazioni di polizia anti-paritigiana".

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