martedì 23 febbraio 2010

26 febbraio: Bologna, CASERME ROSSE - IL LAGER DI BOLOGNA (8 settembre 1943 – 12 ottobre 1944)


CASERME ROSSE - IL LAGER DI BOLOGNA (8 settembre 1943 – 12 ottobre 1944)
Rritrovo dei partecipanti alla cerimonia di commemorazione dei Carabinieri (“Colpevoli di un solo giuramento”), dei militari e dei civili rastrellati dai nazifascisti ed imprigionati in caserme rosse prima della deportazione nei lager tedeschi o della destinazione al lavoro coatto in italia, ricordo dei fucilati ignoti di Caserme Rosse.
Venerdì 26 febbraio 2010
Ora: 10.45 - 13.00
Bocciofila ex Caserme Rosse
Via di Corticella 145
Bologna, Italy

sabato 20 febbraio 2010

Federico Bertelli non ha sentito suonare la Campana della Pace

Dal blog di Giuseppe Vezzoni "La Libera Cronaca del Giornale che non c'è" del 19 febbraio 2010
Federico Bertelli non ha sentito suonare la Campana della Pace

Forte dei Marmi - É morto ieri Federico Bertelli, il superstite di Sant’Anna più anziano. Aveva 99 anni. Il 12 agosto 1944 perse nella strage nazifascista di Sant’Anna ben 17 famigliari. Nel dopoguerra fu anche presidente e cofondatore dell’associazione pro vittime di Sant’Anna, poi nel marzo 2000 Presidente onorario e socio fondatore dell’associazione Nuova Sant’Anna, il sodalizio costituito per la realizzazione della Campana della Pace, esposta al pubblico la prima volta il 13 ottobre 2002 davanti alla piazza del municipio di Pietrasanta. Da allora sono trascorsi 9 anni e 4 mesi ma l’artistico bronzo ancora non ha risuonato dal Col di Cava, luogo dell’Ossario. Federico Bertelli aveva elargito una notevole somma per la realizzazione della campana ma è morto senza vedere esaudita la sua aspirazione, così come sono già morti altri che hanno contribuito a realizzare l’opera. Su quest’opera v’è stato l’incomprensibile accanimento di molti, anche dell’Amministrazione di Stazzema, del Comitato Onoranze, dell’Associazione Martiri di Sant’Anna e degli abitanti della frazione di Sant’Anna, per ostacolarne la collocazione all’Ossario. Un libro occorrerebbe per scandirne le tappe, la strumentalizzazione e l’umiliazione che hanno dovuto subire coloro che si sono prodigati a realizzarla. La Libera Cronaca si augura che domani, quando Federico Bertelli sarà tumulato nel camposanto di Sant’Anna, qualcuno faccia suonare la Campana della Pace collocata, dopo varie peripezie, presso la mulattiera che sale all’Ossario. “ Federico Bertelli è morto con l’amarezza - ha dichiarato alla libera Cronaca Ennio Bazzichi, anche lui superstite e cofondatore delle due associazioni, Martiri di Sant’Anna e Nuova Sant’Anna,- di non poter vedere sistemata la campana nel luogo pensato, al Sacrario delle Vittime di Sant’Anna, affinché rintoccasse nella valle la memoria dell’ ora dell’eccidio. Alla sua amarezza accomuno anche la mia per la via crucis a cui è stata costretta l’opera, unicamente per dare soddisfazione a coloro che l’hanno avversata, non la volevano e che oggi è ancora lì, presso la mulattiera, dopo ben quattro anni durante i quali è stato impedito di portarla perfino nel paese dove abbiamo perso i nostri cari. La Campana, che è stata portata ad ammirare in tutta la Versilia ed è stata esposta anche nella Città di lucca, va collocata al più presto nel luogo dove potrà essere maggiormente avvertita, non ha colori politici, non deve essere strumentalizzata perché - conclude Ennio Bazzichi- la finalità è quella di rintoccare la memoria del 12 agosto 1944”. In questo momento di condoglianze alla famiglia, la Libera Cronaca non intende aggiungere altro, ma sulla Campana della Pace ritorneremo, ricordando che il bronzo è stato portato a Sant’Anna il 28 luglio 2006 e ufficialmente accolta il 6 agosto durante la manifestazione Un fiore a Sant’Anna. Ringraziamo anche il superstite Angelo Beretti che ci ha informato della morte di Federico Bertelli e ci ha invitato a scrivere questo pezzo. Le esequie del superstite Federico Bertelli si svolgeranno domani, alle 14,30, presso la chiesa di S. Ermete a Forte dei Marmi, città dove nel dopoguerra era andato a vivere. Poi la salma sarà trasportata al cimitero di Sant’Anna. Con questo breve pezzo, la Libera Cronaca ha inteso simbolicamente far rintoccare la Campana della Pace per uno degli artefici di questa artistica opera, istoriata con scene dell’eccidio dall’artista Romano Cosci e con due endecasillabi scritti dl prof. Giuseppe Cordoni: Risorgeremo se ci date pace/ Risorgerete se vi date pace/

Giuseppe Vezzoni- Addì 19.2.2010

giovedì 18 febbraio 2010

Il film dietro le quinte «Emozione Monte Sole»


Resto del Carlino - Bologna del 18 febbraio 2010
Il film dietro le quinte
«Emozione Monte Sole»

di Francesco Fabbriani

FRA COLORO che hanno partecipato alle riprese del film su Monte Sole di Giorgio Diritti, c’è anche Elena Birmani, di Sasso Marconi. Elena ha già recitato in teatro. «Ho colto l’invito a partecipare al casting e sono stata selezionata perché il mio viso è stato giudicato ‘antico’ e la mia figura minuta corrispondeva a quelle delle donne dell’epoca, maltrattate dalla fame e dalla guerra», precisa. E’ stato interessante? «Esperienza meravigliosa. Una volta che abbiamo capito l’importanza del film abbiamo accettato di buon grado ogni sacrificio, la levataccia alle 4 del mattino, il freddo e la pioggia. La cosa comunque che più mi è piaciuta è stata quella di farsi truccare. In teatro ti devi truccare da sola». Essere protagonista delle tragiche vicende di Monte Sole ha portato problemi? «La partecipazione emotiva è stata fortissima, soprattutto fra i ragazzi che hanno interpretato il ruolo di soldati germanici. Erano quasi tutti studenti tedeschi, olandesi o danesi a Bologna per l’Erasmus. I tedeschi ancora sentono il peso e hanno affrontato il lavoro nella convinzione di essere artefici di un messaggio che rifiuta la guerra e condanna il nazismo. Un ragazzo olandese, dopo il primo giorno di lavorazione, se ne è andato perché non sopportava la crudeltà del ruolo che gli era stato assegnato». Il film ha avuto anche critiche «Non tutti hanno capito il regista Giorgio Diritti. Il suo scopo non era quello di stabilire a chi sono da attribuire le colpe. Ha voluto dare immagine ai sentimenti della gente. E’ emblematica la frase finale della bambina protagonista che dice: ‘Perché si uccidono fra di loro? Perché non sono rimasti a casa con i loro bambini?’». E’ stata quindi un’esperienza gravosa? «Ci siamo anche divertiti. Coloro che hanno sofferto di più sono stati i bambini, che non capivano le urla dei soldati tedeschi: si spaventavano e piangevano davvero. Chi subiva di più questa pressione era Riccardo, un bimbo di tre anni al centro di un episodio divertente. Riccardo ha compiuto gli anni durante le lavorazioni e gli attori che impersonavano i nazisti si sono presentati sul set marciando minacciosi verso le vittime. Arrivati davanti a Riccardo, invece dei mitra hanno sfoderato una bella torta e gli hanno cantato gli auguri in tedesco. I cameramen hanno ripreso tutto poiché non sapevano che era un fuori programma. Peccato che la scena non possa essere inserita nel film».

martedì 16 febbraio 2010

Lucca, sabato 26 febbraio: "Strumenti per la valorizzazione e la gestione dei luoghi della memoria."

Convegno - Tavola rotonda
26 Febbraio 2010 - Lucca, Palazzo Ducale

"Strumenti per la valorizzazione e la gestione dei luoghi della memoria.
Verso una Fondazione per la gestione del Parco Nazionale della Pace di Sant’Anna di Stazzema"


26 febbraio 2010
Lucca
Sala Accademia 1, Palazzo Ducale
Sede Provincia di Lucca
Orario: 15:30 - 18.00


Importante
Per partecipare al convegno, Compilare il modulo allegato e inviarlo al Museo Storico della Resistenza di Sant’Anna di Stazzema via fax 0584/772025 o per e-mail santannamuseo@comune.stazzema.lu.it

Programma della giornata

Saluti Istituzionali:
Michele Silicani, Sindaco di Stazzema
Stefano Baccelli, Presidente della Provincia di Lucca

Interventi
Claudio Rosati (Dirigente Settore Musei della Regione Toscana):
"Luoghi e patrimoni delle memorie in Toscana"

Su. Carlo Carli, (Primo firmatario Legge istitutiva del Parco Nazionale della Pace):
"Dalla legge istitutiva alla Fondazione"

Simone Caponera (Museo Storico della Resistenza di Sant’Anna di Stazzema):
"L’esperienza di Sant’Anna di Stazzema"

Avv. Giancarlo Altavilla:
"La Fondazione: evoluzione giuridica ed elementi distintivi"

Conclusioni: Paolo Cocchi, Assessore alla Cultura Regione Toscana

Lucca, sabato 20 febbraio: "E poi venne il silenzio" di Irish Braschi

Anteprima docufiction "E poi venne il silenzio" di Irish Braschi
Sabato 20 febbraio ore 11- Lucca, Cinema Centrale

La docufiction "E poi venne il silenzio", riguardante l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema visto con lo sguardo dei sopravvissuti, sarà proiettata in anteprima al Cinema Centrale di Lucca sabato 20 febbraio alle ore 11.
Sarà presente l’autore e regista, Irish Braschi.

Si prega di dare conferma della partecipazione a uno dei seguenti contatti
tel. 0584 772025 - 0583 417204
santannamuseo@comune.stazzema.lu.it cerimoniale@provincia.lucca.it

Per visualizzare il percorso pedonale, partendo da Piazza Napoleone a Lucca, cliccare qui

sabato 20 febbraio 2010 ore 11
Lucca - Cinema Centrale - via di Poggio, 36

E POI VENNE IL SILENZIO
Sant’Anna di Stazzema 12 Agosto 1944

(60 min)
di Irish Braschi

una produzione 11 MARZO FILM (a.p.t.) in collaborazione con
RAI CINEMA - TOSCANA FILM COMMISSION

sabato 13 febbraio 2010

Un massacro girato al rallenti

Dal manifesto del 12 febbraio 2010
UN MASSACRO GIRATO AL RALLENTI
Fotogrammi DI STORIA
di Luca Baldissara

La memoria pacificata. Il film «L'uomo che verrà», dedicato all'eccidio di Marzabotto, ha fatto parzialmente i conti con le politiche di potenza nazista e fascista. Solo mettendosi dalla parte delle vittime si può evitare una rappresentazione fredda e distaccata di un passato ridotto a parentesi criminale di un passato remoto. Una lettura per il presente
Già per uno storico è difficile commentare un film su fatti del passato resistendo alla tentazione di misurarne il grado di rigore filologico. Se poi l'opera riguarda eventi studiati direttamente, diviene davvero ostico liberarsi dei vincoli posti dalla peculiare condizione di spettatore «informato dei fatti». È quanto mi è accaduto assistendo alla proiezione del film di Giorgio Diritti L'uomo che verrà, che racconta la cosiddetta «strage di Marzabotto», alla quale, con Paolo Pezzino, ho dedicato un volume frutto di un pluriennale lavoro di ricerca (Il massacro. Guerra ai civili a Monte Sole). Sono dunque entrato in sala con un misto di curiosità, aspettativa e anche sospetto: curiosità per come il regista avesse scelto di raccontare questo episodio; aspettativa per l'unanime riconoscimento tributatogli; sospetto sia riguardo le forme della rappresentazione di ciò che appare quasi impossibile rappresentare (il massacro con modalità particolarmente cruente di 770 persone, in grandissima parte donne e bambini), sia verso quella retorica elogiativa che ha finito con il circondare il film e che spesso cela la sostanza di un'opera inclinante ai buoni sentimenti che mettono tutti d'accordo.
Le immagini che si susseguivano sullo schermo non trasudavano però alcuna facile e lacrimevole retorica. L'uomo che verrà mantiene dal primo all'ultimo fotogramma un registro che può addirittura apparire freddo, distaccato, algido: non già perché lo sia, ma perché opta per una strategia narrativa che racconta la tragedia attraverso gli occhi di Martina, una bambina che vede ogni giorno, e con sempre maggiore frequenza, irrompere la guerra nella vita della sua famiglia e della comunità dei contadini di montagna cui appartiene.
I volti della guerra
La guerra assume le sembianze ora dei soldati tedeschi che salgono a cercare cibo non rinunciando ad importunare le ragazze, ora dei giovani della zona che si riuniscono per decidere se nascondersi o impugnare le armi, ora degli adulti preoccupati per i bombardamenti e per gli approvvigionamenti, ora degli sfollati che giungono spaventati dalla città, ora dei partigiani che appaiono dapprima eroi giocosi, poi martiri quando caduti o feriti, e anche spietati interpreti della guerriglia quando uccidono i soldati catturati. Diritti tiene lontana la retorica perché rifugge il facile pedagogismo - già sappiamo che la guerra è lutto e dolore - e perché non ammicca ai buoni sentimenti dello spettatore. Sceglie di raccontare il massacro attraverso gli occhi di chi non solo non sa cosa accadrà domani ma che non è del tutto consapevole del pericolo di ciò che accade oggi, di chi non sa bene perché i tedeschi stiano proprio lì e non con i loro bambini là dove abitano, lontano, di chi non ha paura perché la curiosità del nuovo prevale sulla paura dell'ignoto, di chi assisterà al massacro senza coglierne appieno la tragica portata degli effetti e, grazie a un primigenio vitalismo, si salverà e salverà il fratellino appena nato (l'uomo che verrà, appunto), al contrario del padre, che un insopportabile dolore condurrà a correre letteralmente incontro alla morte.
Il massacro si abbatte su di una comunità contadina descritta sino a quel momento nei ritmi lenti della sua vita quotidiana, ricalcati sui ritmi della natura. Tempi di vita e lavoro che si intrecciano con i ritmi della socialità e che si scontrano con l'aspra dimensione sociale dei rapporti di mezzadria e con la dimensione politica del fascismo, che a quei rapporti e a quelle terre tiene ancorati i contadini. Anzi, tra i meriti del film vi è quello di descrivere con accuratezza la vita contadina, restituendone la lentezza e la ripetitività di quei gesti secolari senza tradurle in noia, e di restituirne esemplarmente l'habitat grazie ad una straordinaria fotografia, che dà conto tanto della maestosità narcotica di quei paesaggi quanto delle ostili condizioni ambientali e climatiche di quel territorio.
Il quarantaquattro sulla divisa
È un mondo che non c'è più, scomparso da oltre mezzo secolo, e che è difficile da comprendere oggi. È un mondo sul quale sta per abbattersi il ciclone della guerra, un fronte di fuoco che avanza inesorabilmente. Che piomba sulla comunità annunciato da tuoni e lampi, quelli delle artiglierie che nel settembre 1944 battono le difese della Linea Gotica, poco più a sud di Monte Sole e delle povere case contadine abbarbicate sui suoi pendii.
La guerra evocata in questo film non ha buoni e cattivi, ragioni legittime per combattere e strategie da attuare. È un evento distruttivo che colpisce la comunità, allo stesso modo di un evento naturale. Non ha senso, non ha spiegazioni, non ha possibilità di essere razionalizzato. Solo subìto. Così, quando giungono quei tedeschi con il quarantaquattro sul colletto (come spesso le SS runiche erano percepite) essi appaiono immediatamente diversi da quelli che li avevano preceduti, non parlano la loro lingua, la urlano. Fanno paura, sono cattivi, impartiscono ordini gutturali e incomprensibili. Fanno quello che sono stati addestrati a fare, sono quello che gli è stato insegnato, come afferma un ufficiale nella sagrestia di uno dei cinque sacerdoti che troveranno la morte nel massacro. Fanno quello che allora nessuno si aspetta: uccidono indiscriminatamente gli inermi, anziani e paralitici, donne e bambini. Distruggono e ammazzano di giorno, ridono e festeggiano la sera. Il ciclone bellico è sospinto in avanti e colpisce per mezzo di agenti che hanno perso - se mai hanno avuto - ogni profilo umano. Come trombe d'aria, si avvicinano rombando, fanno tabula rasa, passano oltre lasciando una scia di distruzione e morte, ferite fisiche e morali. Perché?
La risposta al lancinante «perché» è implicitamente suggerita e risolta da Diritti nell'insensatezza della violenza, nella mancanza di un perché razionalizzabile e comprensibile. L'impossibilità di rispondere si fa dunque risposta astorica. I morti di Monte Sole del 1944 non sono diversi da quelli di My Lai nel Vietnam del 1968, da quelli di Srebeniça del 1995, dalle vittime delle guerre di Cecenia e dell'Iraq. Là dove vi sono uomini che si combattono, là vi sono uomini - e donne e bambini - che soffrono e muoiono. Non vi è un perché al massacro di civili inermi, alla distruzione senza apparente necessità, alla morte inflitta con la volontà di far soffrire, alla derisione e alla disumanizzazione delle vittime. Il film si rivela quindi un poetico omaggio alle vittime di allora, implicitamente a quelle di oggi e di tutte le guerre. Ma un omaggio che mentre da una parte ammonisce circa l'intrinseca, cieca e ineliminabile violenza della guerra in sé, dall'altro può generare un senso di distanza tra noi e ciò che vediamo sullo schermo. Giacché è proprio l'imprevedibilità e l'incomprensibilità del massacro a distanziarci da esso, a rendere impossibile qualsiasi intelligenza dell'evento.
Un film non è però un saggio e non va giudicato con gli strumenti della storiografia. Si tratta semmai di considerazioni intorno al contesto del film, a quello «spirito dei tempi» che non può non condizionare lo sguardo e la percezione degli spettatori, pur diversi per età, esperienza, cultura. Non si può infatti ignorare che il cinema rappresenta una porta d'accesso al passato, che un film è - può essere - uno strumento importante di riordino del passato, quindi anche un modo di stabilire come stare nel presente con la coscienza e la conoscenza, la rappresentazione e la memoria del passato. E questo film compie al riguardo una scelta precisa: assume il punto di vista della comunità delle vittime, di coloro che hanno subìto la violenza senza comprenderne le ragioni. In fondo, gli occhi di Martina sono anche i nostri: guardiamo a quel massacro estraniati, incapaci di cogliere le ragioni di quanto sta per accadere, increduli quando accadrà, sconcertati e confusi dopo che è accaduto.
La strategia della tabula rasa
Invece, quel massacro ha una ratio: il comando tedesco deve garantirsi il controllo di un territorio strategicamente cruciale, nel cuore della Linea Gotica alla quale gli Alleati stanno portando un durissimo attacco, che si teme possa essere supportato da azioni di guerriglia della brigata partigiana che opera in quel settore. E la strategia adottata sarà quella della tabula rasa: non si contrastano i partigiani cercando di agganciarli e annientarli in combattimento, ma azzerando le condizioni che rendono possibile l'operatività della brigata. Si distrugge l'habitat della guerriglia per impedirne l'azione. Si incendiano le case dove trovano ricovero i partigiani, si ammazzano i civili che spesso ne sono anche i familiari, sempre le fonti di informazione, si rende inospitale il territorio che li ospita. E con il massacro quella brigata, che pure ha pochissime perdite, in effetti cesserà di esistere. Dal punto di vista tedesco, il massacro è una brillante operazione militare. Di guerra ai civili, certo, ma pur sempre riuscita nei suoi obiettivi. Non a caso, l'anello di una lunga catena di episodi simili nel corso della ritirata aggressiva che le armate tedesche stanno effettuando nell'Italia del 1944.
Si obietterà però che, anche ammettendo un tale scopo ad un massacro condotto come un'operazione di guerra, non occorreva sommarvi pure l'accanimento della violenza e del sadismo. Che anzi questo «di più» di violenza forse nega la strumentalità del massacro. Che, come sostenne un magistrato nel 1951 durante il processo a Walter Reder, l'unico tra i responsabili ad aver pagato con il carcere, si trattava di un «criminale in occasione della guerra». La guerra avrebbe cioè rappresentato solo il contesto favorevole alla liberazione degli istinti criminali, del male che già albergava in questi uomini. Ma proprio la sistematicità della politica del massacro, l'estensione degli episodi e di coloro che li eseguono, suggerisce che così non può essere. Che tale spiegazione non può bastare a comprendere. Perché nella cultura di guerra nazista confluiscono tante e diverse culture della violenza: quella militare, che vede nei combattenti irregolari, i partigiani, una minaccia al monopolio della violenza da parte dello stato, un elemento di indebolimento e possibile dissoluzione del potere statale; quella ideologica, che vede nel guerrigliero un sovversivo, che identifica il partigiano con il «rosso», il comunista (anche quando così non è, come proprio nel caso di questi partigiani); quella razziale, che giudica gli italiani infidi e inaffidabili, proprio come nell'esperienza coloniale degli europei gente spesso ritenuta un gradino al di sotto dell'umano, per questo massacrabile.
Le politiche di potenza
Se al massacro di Monte Sole si guarda non solo con gli occhi della vittima, se quegli scenari sono ripopolati dei vari protagonisti - oltre ai civili, i fascisti, i tedeschi, i partigiani, le spie - e delle loro culture, forse la memoria che verrà potrà trovare qualche fattore di risposta al «perché». Forse la comprensione - che non è giustificazione - potrà muovere un passo innanzi. E forse, allora, si ricollocherà la vicenda di quel massacro ormai lontano nella storia dell'Europa contemporanea, del suo rapporto con la guerra e con le politiche di potenza. Se non ci si addentra in questi territori, dissestati e minacciosi, inquietanti e angoscianti, non si comprenderà perché tutto ciò è potuto accadere: perché nel codice genetico della società occidentale è maturato nel corso dell'età contemporanea un approccio alla violenza che ha disumanizzato il nemico - l'indigeno da colonizzare, il combattente partigiano di una guerra irregolare, l'avversario politico da annientare - per poterlo poi distruggere. Potrà non piacere, potrà spaventare, potrà infastidire, ma se non si riconduce la violenza di quel massacro alla storia e alla cultura di un'epoca lunga non se ne potrà comprendere appieno l'origine, finendo magari con il relegarla nell'antro oscuro del male. Nemmeno se ne potranno cogliere gli elementi che perdurano, e che spiegano, ben più della natura intrinsecamente violenta della guerra, perché quei massacri si rinnovano. E se non vi è comprensione di quel passato non vi sarà neppure capacità di azione nel presente affinché ciò non abbia più ad accadere.

mercoledì 10 febbraio 2010

Fornaci di Barga (Lu), 25 febbraio 2010: Prima Visione Del Film NATALINO


Fornaci di Barga (Lu), 25 febbraio 2010: Prima Visione Del Film NATALINO
Giovedì 25 febbraio 2010, al Cinema Puccini di Fornaci di Barga (LU), Ora: 21.00 - 23.55
Prima Visione Del Film NATALINO
Dopo un anno di lavorazione, siamo fieri di annunciare la prima visione dell'ultimo film di David Melani " NATALINO "

INGRESSO GRATUITO !!!

Lucca 1943-1944. Rileggere la storia, vivere il presente


Lucca 1943-1944. Rileggere la storia, vivere il presente

Si tratta di un momento di confronto sulla storia della Repubblica Sociale Italiana, con particolare attenzione alla vicenda delle Brigate Nere ed a quanto accaduto nel territorio della Lucchesia, con la nascita della XXXVI bn "Mussolini" che, guidata da Idreno Utimpergher, è stata protagonista nell'estate 1944 di una serie di violenze e azioni criminali che hanno contraddistinto le ultime settimane di guerra della nostra provincia. Gli studiosi presenti discuteranno anche sui perché della sedimentazione, nel dopoguerra italiano, di una memoria pubblica assai selettiva riguardo alle violenze e ai crimini compiuti dal fascismo e dalla RSI, in Italia e fuori d'Italia.
Al mattino l'incontro sui medesimi temi si terrà con alcuni studenti di scuola superiore della nostra provincia.
L'iniziativa prende le mosse e si pone come risposta civile, infatti, alla nascita nel 2009 di un gruppo su su facebook che inneggia proprio alla memoria della XXXVI "Mussolini" e di Idreno Utimpergher, che registra a oggi oltre 300 iscritti, molti dei quali giovani.

martedì 9 febbraio 2010

Strage di Vallucciole: altri sei sotto processo


Strage di Vallucciole: altri sei sotto processo
Da Nove da Firenze, Martedì 9 febbraio 2010
di Massimo Orlandi

Altri sei ex ufficiali nazisti sono stati rinviati a giudizio per la strage di Vallucciole (frazione di Stia, in provincia di Arezzo) e per altri atrocità compiute nell'appennino tosco-emiliano durante la primavera del 1944. Lo ha stabilito ieri il Gup del tribunale militare di Verona; nella stessa occasione la Regione Toscana si è costituita parte civile così come era avvenuto in occasione del grande processo iniziato nell'autunno scorso per altri sei imputati degli stessi fatti di sangue. Ora le due tranche giudiziarie confluiranno in un unico processo, fissato per il 24 marzo. Quel giorno entrerà nel vivo l'ultimo grande processo per le stragi nazifasciste: la strage di civili nell'area della cosiddetta “linea gotica” che interessò in particolare il borgo di Vallucciole la cui popolazione venne interamente sterminata (tra le 108 vittime, oltre la metà furono donne e bambini).
E sempre il 24 marzo la Regione Toscana formalizzerà anche la richiesta di citazione come responsabile civile della Repubblica federale di Germania poiché queste stragi, messe in atto da ufficiali in servizio allo stato tedesco, “sono state compiute - si legge nella citazione - in totale dispregio del più elementare senso di umanità e dei valori comunemente accolti in ogni società civile, anche in tempo di guerra”.
Il processo riguarda l'uccisione di oltre 350 italiani avvenuta tra i borghi dell'appennino tosco-emiliano nella primavera del 1944.
Gli episodi che sono al centro del processo di Verona si svolsero nel giro di pochi giorni, dal 13 al 18 aprile cominciando proprio l'alba del 13 aprile con il fatto più cruento, a Vallucciole. Il piccolo borgo fu messo a ferro e fuoco, donne e bambini vennero trucidati: la più piccola vittima aveva appena tre mesi. Ma quella tremenda scia di sangue attraversò tutto il Casentino, da Partina, frazione di Bibbiena a Badia Prataglia (nel comune di Poppi) e ancora la zona del Monte Falterona (Castagno d'Andrea), arrivando sino all'area del Monte Morello, nel fiorentino. Un episodio tragico oggetto del processo riguarda anche Mommio, nel comune di Fivizzano (Ms).
Complessivamente nel versante toscano le vittime furono circa 200, 156 in quello emiliano.
I presunti responsabili di quegli eccidi sono stati rintracciati grazie alle indagini della procura militare che si è avvalsa della collaborazione degli investigatori tedeschi: in alcuni casi molto preziose sono state le intercettazioni disposte nei confronti dei presunti responsabili degli eccidi.
Tutti gli imputati facevano parte della divisione corazzata H. Goering, un corpo speciale non dissimile dalle SS.

lunedì 8 febbraio 2010

Sasso Marconi: 9 e 16 febbraio 2010 "Gli effetti del passaggio del fronte"


Dal blog "Notizie dalle valli del Reno e del Setta" di Francesco Fabbriani riportiamo la notizia dei due incontri:
Gli effetti del passaggio della seconda guerra nella valle del Reno verranno esaminati in due pubblici il primo dei quali è previsto per domani (9 febbraio), alle 21, nella sala della Pubblica Assistenza a San Lorenzo. Relazionerà l’ingegner Giancarlo Rivelli, noto studioso e titolare di una approfondita analisi della Linea Gotica. Il secondo incontro è previsto per martedì 16 febbraio. Ingresso libero. L’incontro è stato organizzato dal C.S.I. Sasso Marconi, in collaborazione con la Pubblica Assistenza, nell’ambito dei corsi per animatori turistico ambientali.

sabato 6 febbraio 2010

Parola d'Autore - Incontri al Museo Audiovisivo della Resistenza


Si aprirà domenica 28 febbraio la prima edizione della rassegna Parola d’Autore, organizzata e ospitata dal Museo Audiovisivo della Resistenza. È previsto un calendario di stimolanti iniziative culturali che, a cadenza mensile (da febbraio a giugno 2010), animeranno e valorizzeranno gli spazi del museo. Sarà inoltre possibile, dopo ciascun incontro e previa prenotazione, pranzare/cenare al ristorante del museo ed effettuare una visita guidata. Tutto questo per trascorrere insieme un’intera giornata al museo, con confronti e dibattiti costruttivi, condividendo il pranzo (o la cena) e visitando la collezione museale.

Programma

Domenica 28 febbraio 2010 alle h 11 – Presentazione del libro “Uccidere i civili. Le stragi naziste in Toscana (1943-1945)” di Gianluca Fulvetti. Interverranno Marco De Paolis - Magistrato del tribunale militare di Verona e Claudio Silingardi, Direttore dell’Istituto Storico della Resistenza di Modena. Modera il dibattito Maurizio Fiorillo - Comitato Scientifico Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo. Sarà presente l’autore.

Domenica 14 Marzo 2010 alle h 11 – Giornata di studio “Marzo 1944: primavera ribelle, fiorisce la Resistenza in Lunigiana”. Interverranno: Giovanni Contini – Soprintendenza Archivistica per la Toscana, Massimo Salsi – Ricercatore, Maurizio Fiorillo - Comitato scientifico del Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo. Saranno presenti i testimoni: Teresa Cheirasco, Pietro Gnecchi, Paolino Ranieri, Laura Seghettini e Pietro Zuccarelli.

Domenica 18 aprile 2010 alle h 11 – Presentazione del libro “La Resistenza spiegata a mia figlia” di Alberto Cavaglion – docente Università di Firenze. Modera il dibattito Maurizio Fiorillo - Comitato Scientifico Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo. Sarà presente l’autore.

Sabato 26 giugno 2010 alle h 17 Presentazione del libro “Il massacro. Guerra ai civili a Monte Sole” di Paolo Pezzino e Luca Baldissara. Modera il dibattito Maurizio Fiorillo - Comitato Scientifico Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo. Saranno presenti gli autori. Seguirà la proiezione del film “L’uomo che verrà” di Giorgio Diritti. E’ stato invitato il regista.

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Parola d'Autore - Incontri al Museo Audiovisivo della Resistenza

La news sul sito del Museo Audiovisivo della Resistenza