Il Messaggero.it - Lunedì 30 Maggio 2011 - 14:06
Si tratta di criminali di guerra ultraottantenni condannati per diverse stragi, da Marzabotto a Sant'Anna di Stazzema
di Cristiana Mangani
ROMA - La Germania respinge al mittente diciassette mandati di arresto europeo nei confronti di altrettanti ex criminali di guerra nazisti condannati con sentenze definitive all’ergastolo. Nonostante esista un accordo recepito con una legge nel 2005, i nostri cugini del Nord si sono rifiutati di consegnare all’Italia i militari del Terzo Reich, lasciandoli liberi di vivere nelle loro case in terra tedesca, e qualcuno anche in Austria.
I mandati d’arresto non sono stati accettati, così come non hanno avuto esito le successive richieste di far scontare le pene nel loro Paese. Eppure tra questi ex criminali di guerra, tutti ultraottantenni e molti quasi centenari, vi sono i responsabili di alcuni dei peggiori eccidi compiuti nel corso della seconda guerra mondiale. Non è bastato, però, a convincere i tedeschi a consegnarceli, e uguale risposta è arrivata dall’Austria, dove alcuni dei condannati sono nati. La decisione non può che apparire strana, soprattutto perché in altri casi il comportamento della Germania è stato diverso. Basti pensare a Rudy Guede, l’ivoriano fermato a Wiesbaden per l’omicidio di Meredith Kercher. Ci è stato rimandato in Italia in tempi rapidissimi. Altrettanto è successo con gli autori della strage di Duisburg.
La procura militare sta tentando tutte le strade possibili per ottenere l’esecuzione del mandato di arresto europeo, ma davanti a un blocco così totale, rimane solo una mediazione di tipo politico. «La questione risale a tre anni fa circa - spiega Marco De Paolis, capo della procura militare, l’ufficio giudiziario attualmente competente per la stragrande maggioranza di questi procedimenti - Man mano che venivano emesse le condanne noi chiedevamo che venisse eseguito il mandato di arresto europeo. I nostri interlocutori sono stati nove, perché i condannati vivono nei vari land ma, pur nella varietà dei territori, si sono trovati tutti d’accordo nel non consegnarli, appellandosi alla loro Costituzione e al sistema della contumacia che non è previsto nel loro paese. La stessa cosa ha fatto l’Austria. A questo punto abbiamo chiesto a loro stessi di eseguire la pena all’estero. Ma non abbiamo ottenuto alcuna risposta».
De Paolis ha istruito buona parte dei processi che hanno avuto inizio da metà degli anni ’90, dopo la scoperta del cosiddetto «armadio della vergogna» (dove furono occultati centinaia di fascicoli di indagine). E lo ha fatto quando era procuratore militare della Spezia.
In particolare, sono otto i condannati all’ergastolo dalla Cassazione per la strage di Sant’Anna di Stazzema (560 vittime) che sono ancora in vita e non scontano la pena; tre quelli per Marzabotto (770); uno per gli eccidi di Civitella Val di Chiana, Cornia e San Pancrazio (244); uno per Branzolino e San Tomè (10), uno per la Certosa di Farneta (oltre 60 morti) e uno per Falzano di Cortona (16 i civili trucidati). Solo un secondo condannato all’ergastolo per quest’ultima strage, Josef Scheungraber, di 93 anni, è finito in prigione, soltanto perché è stato condannato anche in Germania per quell’eccidio. Per tutti gli altri la magistratura militare ha emesso nel tempo i relativi mandati che i tedeschi hanno rifiutato (solo in un caso si è ancora in attesa di risposta). I giudici con le stellette hanno quindi inoltrato al ministero della Giustizia la richiesta di esecuzione della pena oltre confine, e a tutt’oggi non hanno ricevuto alcuna risposta. In tutto questo non si sa nemmeno se sia il governo tedesco che deve ancora pronunciarsi, oppure se è quello italiano che non ha mai inoltrato l’istanza alla Germania.
Solo per due dei condannati dalla Cassazione al carcere a vita - ritenuti responsabili delle stragi compiute nell’agosto ’44 nel comune toscano di Fivizzano, dove furono trucidate complessivamente 346 persone, in maggioranza donne e bambini - il pubblico ministero non ha ancora spiccato il mandato di cattura europeo in attesa che diventi irrevocabile la condanna anche per altri due coimputati. È difficile, però, che la Germania adotti una decisione diversa dalle precedenti.
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