domenica 10 aprile 2011

Coop Consumatori: "Le fratture della guerra"


Da Coop consumatori, aprile 2011

Le fratture della guerra
Il richiamo alle drammatiche lotte di liberazione del nostro paese è più che mai attuale nell’anno che celebra (tra le polemiche) l’unità d’Italia. Ecco una lettura di alto profilo culturale dei fatti di quel periodo


“Le stragi di guerra come fratture. Diverse prospettive di lettura”. Torna in mente il seminario dello scorso inverno (un seminario che Coop Reno contribuì a realizzare presso l’Auditorium della Scuola Media di Calderino), mentre è vivo il dibattito sui 150 dell’Unità d’Italia e su come (e se) celebrarli. Coordinato da Giusi Marcante (di Radio Città del Capo), quel seminario vide la partecipazione di Fabio Dei, docente di Antropologia culturale all’Università di Pisa; Giorgio Diritti, regista del film “L’uomo che verrà” e “Il vento fa il suo giro”; Andrea Speranzoni, avvocato di parte civile nei processi sulle stragi di Marzabotto, Casalecchio e Monchio; Adriano Zamperini, docente di Psicologia sociale all’Università di Padova.
Massimo Turchi, dell’Associazione e Progetto Linea gotica, spiegò che il senso non era quello di far prevalere una “lettura” piuttosto che un’altra, bensì di offrire spunti di riflessione. Dopo gli apprezzamenti del sindaco di Monte San Pietro, Stefano Rizzoli, per la “qualità professionale” degli invitati, Fabio Dei sviluppò una lettura della cosiddetta “memoria divisa” riferendosi al paese di Civitella val di Chiana, luogo di una grave strage nazista da parte delle armate tedesche della divisione Herman Göering, paese in cui le vedove, convinte che la strage fosse una ritorsione per un’azione partigiana, avevano maturato un’avversione alla festa della liberazione. Questo rigetto fu trasmesso ai figli e a tutta la comunità e venne tramandato, quindi, anche alle generazioni che non avevano vissuto direttamente quella strage. Gli storici dimostrarono che il massacro non aveva alcuna connessione con l’azione partigiana, ma ci volle molto tempo perché le istituzioni riuscissero a cambiare quel sentimento di memoria divisa.
La memoria non è mai una fotografia del passato, ne è sempre una “ricostruzione”, ha sottolineato il prof. Zamperini e, e come tale è influenzata dalla vita di ciascuno così come dal sentito dire da altri e dalla comunità in cui si vive. In ogni racconto della memoria delle stragi, c’è sempre la figura del tedesco buono, anche laddove irreale, forse perché nell’inconscio di chi le rivive c’è la voglia di dare un volto all’umanità, di sperare qualcosa di buono non per rivalutare la figura dei “nemici”, ma per trovare un po’ di pace interiore.
L’avvocato Speranzoni riportò la propria esperienza nei diversi processi per stragi di guerra. I testimoni spesso, non per loro volontà, esibiscono una memoria meno cruda del reale. Nello stralcio del film-documentario “Lo stato d’eccezione” di Germano Maccioni, ancora una volta ritorna la memoria del soldato tedesco buono al cimitero di Casaglia, che avrebbe salvato una bambina, la testimone, appunto, mentre i due tedeschi interrogati in quell’occasione confermarono che non c’era stato alcun episodio del genere; forse però qui scatta anche il senso di colpa di alcuni sopravvissuti, che cercano di giustificare il perché sono vivi, mentre altri morti. Sui ricordi e sulla memoria dei sopravvissuti è costruito il film capolavoro di Giorgio Diritti, “L’uomo che verrà”. “Volevo raccontare la drammaticità di uomini che arrivano a uccidere altri uomini in maniera così naturale come prendere un cappuccino”, ha spiegato il regista.
Il progetto educativo “Linea Gotica, linea della memoria” prese avvio a seguito del convegno del 2002 “Una montagna di Pace: la linea Gotica dei monti della Riva”, dove reduci americani, tedeschi e partigiani raccontarono la loro esperienza di guerra sui Monti della Riva. Da qui l’idea per una modalità volta alla comprensione del cambiamento interiore delle persone durante la guerra e, contemplando i differenti punti di vista dei protagonisti (partigiani, soldati americani e tedeschi), comprendere l’importanza del confronto interculturale come mezzo per evitare i conflitti.

Nessun commento:

Posta un commento