sabato 28 marzo 2009

La verità storica su Sant’Anna di Stazzema


Riportiamo il testo di un interessante articolo di Andrea Giannasi che racconta, in sintesi, gli avvenimenti di questa strage.

La verità storica su Sant’Anna di Stazzema
Il vero motivo della strage


di Andrea Giannasi

Gli eventi che appartengono alla recente storia italiana sono spesso negli ultimi anni al centro di deformanti ricostruzioni. L’ultima caso – triste perché studiato solo per far cassa ai botteghini dei cinema – è legato al film del regista americano Spike Lee dal titolo “Miracolo a Sant’Anna”. Nel tentativo di dare credito alla partecipazione dei militari di colore alla seconda guerra mondiale, il registra ha distrattamente e pericolosamente “giocato” con la storia macchiando il film di errori tanto gravi da apparire disarmanti.
Ma ricostruiamo la vicenda nella sua interezza.
Per meglio far entrare il lettore all’interno della vicenda madre del film – ovvero l’uccisione il 12 agosto del 1944 da parte dei tedeschi di 560 tra donne, bambini e anziani – è bene fare un piccolo passo indietro. Studiare dunque i tratti storici e le dinamiche che portarono sul campo di battaglia tedeschi, partigiani e alleati.
Nella primavera del 1944 le armate alleate iniziarono una lenta ma vigorosa e costante avanzata verso il nord Italia. Una dopo l’altra caddero importanti città. Per meglio utilizzare le formazioni partigiane, nella notte tra l’8 e il 9 giugno, il Maresciallo Alexander del comando alleato inviò a tutti i patrioti un ordine nel quale doveva essere primario e perentorio l’obiettivo di uccidere i tedeschi e di distruggere i trasporti. Il comando era puramente militare non considerando dunque le conseguenze di tale ordine sulle popolazioni civili.
Il problema della presenza delle numerose bande partigiane a questo punto diventò primario per il comando tedesco che rispose il 17 giugno 1944.
Il comandante del Gruppo armate C in Italia, feldmaresciallo Albert Kesselring, emanò un ordine per la lotta alle bande con il quale in pratica assolveva da ogni responsabilità ogni ufficiale tedesco che, nella lotta contro i partigiani, avesse assunto metodi anche non conformi all’onore militare. Dopo questo documento, che venne ulteriormente ampliato e confermato dai comandanti della 14a armata Lemelsen e del I Corpo Fallschirmjäger Schlemm, ogni remora che ancora poteva sussistere in alcuni soldati ed ufficiali germanici contro i civili, cadde
Per questo fin dal giugno in tutta la Toscana, dall’aretino fino al massese, si consumarono decine di stragi che portarono ad conteggio sommario e lacunoso alla fine del conflitto di quasi 4000 assassinati. Stragi che non ebbero sempre come motivo scatenante un’azione partigiana. Stragi che non furono sempre compiute da corpi speciali - come le SS fortemente indottrinate – ma da tutti gli ordini e gradi delle armate tedesche. E le uccisioni non ebbero solo un carattere “politico”.
Va ricordato infatti che i tedeschi stavano approntando proprio a cavallo delle Alpi Apuane la Linea Verde 1 (che divenne poi sul tracciato della Verde 2, la Linea Gotica) e che nell’allestimento a cura della Todt si era ordinato a tutte le popolazioni di lasciare la zona. Inoltre c’era il problema della presenza dei partigiani che andavano annientati.
Il proclama di Alexander, i continui aviolanci di armi da parte degli alleati e l’avanzata verso nord, avevano però stimolato e invigorito le azioni dei partigiani ben presenti con numerose formazioni sulle Alpi Apuane.
Così il 29 luglio del 1944 fu affisso a Sant’Anna un proclama partigiano diretto alla popolazione. In questi si leggeva: “Alla popolazione versiliese! Dopo aver fatto dell’Italia un orrendo campo di battaglia con tutti i suoi lutti e le sue miserie, i nazisti vogliono ora completare la loro nefanda opera di distruzione con l’esodo in massa di tutta la popolazione. Fino ad ora i tedeschi avevano attuata la deportazione per il lavoro forzato per i soli uomini. Ma la belva nazista non è mai sazia.
Ora vogliono perseguitare anche le donne, i vecchi ed i bambini imponendo loro con bando criminale di allontanarsi dalle proprie case, dalla propria terra per seguire fra sevizie e miserie le disfatte divisioni di Hitles verso il Brennero. Popolo della Versilia!
Non obbedite agli ordini dei barbari tedeschi: le donne, i vecchi, i bambini non abbandonino le loro case e facciano resistenza passiva. Tutti gli uomini si armino con ogni mezzo dal fucile da caccia al forcone: gli eserciti della liberazione sono ormai a pochi chilometri, le formazioni partigiane sono pronte all’azione e risponderanno alle rappresaglie con le rappresaglie.
Alle armi popolo versiliese. La tua libertà e la tua salvezza sono nelle tue mani.
Morte al tedesco oppressore!
Dal comando delle Brigate d’assalto Garibaldi. 29 luglio 1944.”

La risposta non tardò. Pochi giorno dopo il 12 agosto 1944 unità della 16° divisione granatieri corazzati della Waffen SS comandata da Max Simon avvolsero la zona di Sant’Anna di Stazzema radunando e poi massacrando 560 tra uomini, donne, bambini, anziani.
Fu massacro premeditato e indiscriminato al quale i partigiani poco o nulla poterono. E fu la reazione alla scelta da parte dei patrioti e della popolazione civile di resistere ai nazisti.
Va ricordato, ad onore di cronaca e per meglio tracciare il profilo della Resistenza, che pochi giorni dopo sul versante della Garfagnana delle Alpi Apuane si consumò una battaglia nella quale fu distrutta la banda partigiana “Gruppo Valanga”. I partigiani il 29 agosto sul Monte Rovaio non si sottrassero al combattimento proprio per non far ricadere sulla popolazione la vendetta nazista per l’uccisione da parte dei patrioti il giorno prima, di un maresciallo degli alpini germanici. Alla fine furono 19 i caduti e tra questi il comandante Leandro Puccetti, studente di medicina all’Università di Pisa.
Ma in tutto questo i militari di colore cosa c’entrano?
Poco o nulla. I soldati della 92° Divisione “Buffalo” arrivarono in Versilia il 17 agosto – e solo con il 370° reggimento -, ovvero cinque giorno dopo i fatti di Sant’Anna. Rimasero in linea fino all’aprile del 1945 diventando una delle unità peggiori della storia dell’esercito americano. Salvo qualche caso isolato la 92° divenne famosa per le continue diserzioni, fughe di fronte al nemico e nel tratto di fronte della Garfagnana, che difendeva, si consumò l’unica avanzata nazifascista del conflitto. Nella notte di Natale del 1944 su Barga fu sferrato un attacco da parte di unità tedesche che portarono alla fuga e alla dispersione delle unità della “Buffalo”. Soltanto con l’arrivo della 6° divisione Indiana si poté ristabilire una linea del fronte.
Tristemente noti anche i neri disertori che per mesi si nascosero nella tenuta di San Rossore.
Il comandante dell’unità Almond fu costretto a riorganizzare la 92° divisione numerose volte riarmando le unità (durante le azioni gli uomini in fuga perdevano tutto il materiale in dotazione) e rafforzando le compagnie della Polizia Militare. Su tutti i casi di diserzioni risalta l’azione del III battaglione del 366° reggimento che nella sola giornata del 10 febbraio del 1944 su 862 effettivi sul campo ebbe 507 sbandati.
Del resto poco si poteva pretendere in fatto d’armi da uomini di colore comandati da ufficiali bianchi che non trattenevano segni di vivo razzismo.
Insomma una unità che aveva poco credito, scarse capacità belliche e che non poteva essere utilizzata in operazioni militari di largo respiro
In conclusione, come si è osservato, nell’agosto del 1944 a Sant’Anna si consumò una strage figlia del desiderio di “pulizia” nazista, che ebbe una molla scatenante in un bando partigiano e nell’ordine del Maresciallo Alexander di rilanciare l’azione dei patrioti. Un insieme di fattori che non possono essere dunque ricondotti ad un tema da trattazione romanzesca. Il film appare quindi un insieme imbarazzante di errori, falsità, dalla grave conseguenza di stimolare un dibattito politico ignorante e privo di preparazione storica.
Dunque da evitare.

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