sabato 12 maggio 2012

Sönke Neitzel-Harald Welzer "Soldaten. Combattere uccidere morire. Le intercettazioni dei militari tedeschi prigionieri degli Alleati"


Segnaliamo l'uscita del libro di Sönke Neitzel-Harald Welzer: "Soldaten. Combattere uccidere morire. Le intercettazioni dei militari tedeschi prigionieri degli Alleati", Garzanti, Milano (2012)

Dal sito Daringtodo.com

"Libri. Soldaten, le intercettazioni shock dei soldati nazisti"


Sembra che della seconda Guerra Mondiale si conosca ogni cosa, e non è vero. La mitologia del grande conflitto scricchiola spesso, e, certe leggende, se passate al vaglio dei documenti si rivelano inesorabilmente false, come il mito di una Wehrmacht “pulita” e fatta da uomini d’onore, mito che tanta diffusione ha avuto in Germania, e che ha trovato a distanza di quasi 70 anni, puntuale smentita. Uno storico, Sönke Neitzel e uno psicologo, Harald Welzer, ci raccontano che i ligi soldati dell’esercito tedesco, così come gli ufficiali della Luftwaffe “non erano migliori delle SS”. Si sono macchiati di crimini innegabili e l’uccisione era per loro normale routine, anche quando riguardava donne, bambini e civili innocenti, presi com’erano a risultare “perfetti nazisti spietati“.
Da più parti è stato definito un libro sconvolgente, “Soldaten – Combattere, uccidere, morire”, uscirà in Italia il 19 aprile edito da Garzanti; per realizzarlo Neitzel e Welzer hanno spulciato per anni negli archivi di stato di Londra e Washington, a caccia delle intercettazioni delle conversazioni tra migliaia di prigionieri tedeschi, avvenute dal ’40 al ’45. Infatti, nel corso della guerra inglesi e americani operarono intercettazioni sistematiche nei campi di prigionia; registrarono su vinile i passi più interessanti e redassero copie a stampa riempiendo oltre 150 mila pagine di verbali. Quel materiale passato al vaglio dei due autori offre una chiave di lettura inedita della guerra, dei suoi orrori e dell’animo di chi è chiamato a combatterla. Nelle trascrizioni degli interrogatori, si leggono dichiarazioni talvolta raccapriccianti, come quando i soldati tedeschi parlano di “divertimento” e “puro divertimento” nel massacrare civili innocenti e truppe nemiche.
Un caporale chiamato S. raccontava di quando la sua unità si trasferì in un villaggi in Italia dopo la caduta del governo Mussolini, il primo compito era sempre quello di uccidere un paio di civili, poi l’asticella si alzò :«In Italia, in ogni posto dove arrivavamo, il tenente diceva sempre: “Per prima cosa facciamone fuori qualcuno! Fatene fuori venti, così avremo un po’ di calma, che non si facciano strane idee!”.» si legge in una conversazione del 19 dicembre 1944. Dal fronte orientale, alle incursioni sulla Gran Bretagna, alle invasioni in Italia, Francia e Nord Africa, le testimonianze coprono larga parte del teatro di guerra. Un aviatore della Luftwaffe, identificato come B pilot, riferisce del “divertimento enorme” nello sparare sulle colonne di civili in fuga lungo le strade di Francia e Belgio nel 1940 “è stato un grande successo, bello, enorme, fantastico divertimento!“. In un’altra intervista, lo stesso pilota parlando della celebre Battaglia d’Inghilterra, diceva che era “favoloso” vedere le finestre delle case tremare e aggiungeva: “Sul mercato abbiamo visto persone che si sono riunite, la gente parlava. Abbiamo tirato fuori le pistole. E’ stato divertente”. E sempre durante la Battagli d’Inghilterra, un altro pilota: “…abbiamo visto una festa in una villa, abbiamo sparato, ragazze in abito sexy e uomini in abito elegante schizzavano via nel sangue, amico mio che divertimento“. Un altro si vantava: “Nella nostra squadra ero conosciuto come il “sadico professionale”. Ho buttato giù tutto: gli autobus, un treno di civile a Folkestone. Ho ucciso ogni ciclista”. Un altro aviatore, denominato P pilot, ha raccontato come fosse stato “davvero triste” avere mitragliato i cavalli dell’esercito polacco durante l’attacco a Poznan nei primi giorni della guerra: “La gente non mi preoccupava, ma mi dispiacerà per quei poveri cavalli fino alla fine dei miei giorni ...”. L’elenco di atrocità è lungo, si parla – tra l’altro – di stupri atroci e di navi affondate cariche di bambini, l’inimmaginabile.
Ha detto un critico che prima di Soldaten, i tedeschi potevano trarre conforto dal fatto che i crimini dei loro soldati fossero limitati a pochi. Non è più vero tutti, o molti, a quanto pare, furono contaminati dal nazismo e infusi di sete di sangue. E cade anche quanto sostenuto fino ad oggi dagli storici, ovvero che era quasi impossibile per un soldato della Wehrmacht avere informazioni circa l’uccisione degli ebrei. Le conversazioni intercettate confermano invece che praticamente tutti sapevano , o almeno avevano il sospetto e non sono mancati soldati che di tanto in tanto hanno partecipato volontariamente alle fucilazioni di ebrei.

1 commento:

  1. "Soldaten" è un libro che a prima vista colpisce duramente, poi ci si rende conto che scricchiola, ed anche pesantemente. Perchè? Estrapolare da - immagino - centinaia di migliaia di conversazioni gli elementi più sensazionali e truculenti, evitare di fornire statistiche, confronti di fonti, uno straccio di esegesi a quanto i militari imprigionati raccontano è ANTISTORICO. Posso trascrivere la conversazione tra il camerata Otto ed il camarata Fritz, dove il secondo racconta di uccisioni e stupri. Magari è vero, magari vuole impressionare l'amico, magari è una sparata da miles gloriosus. Ma qui ci sono già tre magari, e nel libro di Sönke Neitzel-Harald Welzer neppure uno straccio di tentativo di scavare più a fondo la verità.
    Un libro così lo si può cucire addosso a qualsiasi esercito: a quello italiano in Etiopia, a quello francese in Algeria, a quello americano in Vietnam, a quello russo in Cecenia.
    Puntare sul fatto che tutti sapevano ed agivano più o meno volontariamente sullo sterminio degli ebrei è la scoperta dell'acqua calda, e rende ancora più banale il tutto. Deludente il libro, soprendente il fatto che trovi solo entusistiche recensioni.

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