giovedì 21 aprile 2011

La Montagna, Sergio Rubini protagonista


Da vivaCinema del 19 aprile 2011

La Montagna, Sergio Rubini protagonista

Sergio Rubini è tra i protagonisti de La montagna, pellicola diretta dal regista brasiliano Vicente Ferraz, coproduzione brasiliana-italiana-portoghese che potrebbe arrivare al Festival di Venezia 2011. L’attore, che torna al cinema dopo la sua partecipazione a Qualunquemente, nei panni della “mente” della campagna elettorale di Cetto La Qualunque, interpreta un soldato che incontra tra le montagne dell’Appennino toscoemiliano degli omologhi brasiliani in fuga…
Rubini sarà un disertore repubblichino della Seconda guerra mondiale che decide di passare dalla parte dei partigiani ne La Montagna, nuovo film storico girato tra Udine e Pordenone nella Carnia.
“Sono un militare rigido che dubita delle loro capacità di affrontare la guerra, di essere all’altezza delle difficoltà. Alla fine sarò smentito”, racconta l’attore.
Il film, che sarà forse distribuito dalla Fandango, è prodotto anche dalla Verdeoro di Daniele Mazzocca (Fine pena mai con protagonista Claudio Santamaria).
La montagna racconta le vicende di alcuni giovanissimi sminatori della Forza di Spedizione Brasiliana che, impegnati nella zona di Monte Castello sull’Appennino toscoemiliano, presi dal panico all’arrivo dei tedeschi si sparpagliano per le montagne. Qui incontrano altri due disertori: un soldato italiano e un ufficiale tedesco in fuga, stanco della guerra. Con l’aiuto dell’ex nemico nazista, i soldati si trasformano in eroi, sminando uno dei campi più temuti della Linea Gotica.
Il prossimo progetto di Rubini è anche il nuovo film da lui diretto e prodotto da Fandango, La delegazione, che lo vedrà al fianco di Lino Banfi, altro barese doc.

Fu tra i soldati che liberarono Bologna: torna dopo 66 anni a raccontare quella storia


Tratto da "Il Fatto Quotidiano - Emilia Romagna" del 19 aprile 2011

Fu tra i soldati che liberarono Bologna: torna dopo 66 anni a raccontare quella storia
E' stato rintracciato attraverso Facebook da un collaboratore del Fatto Quotidiano che, della sua e di altre storie, ne ha fatto un libro: "Era il mio sogno tornare in questo Paese". Girerà in tutta l'Emilia dove incontrerà anche partigiani conosciuti in quei giorni
Come in una favola. Lo scorso agosto l’ottantottenne veterano dell’esercito americano Roque “Rocky” Riojas da Kansas City, lanciò un appello tramite Facebook. “Liberai l’Italia voglio tornare”. Ieri Rocky, che combattè in Italia con la 34esima divisione dell’US Army sbarcando a Salerno nel settembre 1943 e si battè a Montecassino, Anzio, sulla Linea Gotica, liberò Bologna e Reggio Emilia, è atterrato da all’aeroporto di Fiumicino e subito è corso a Montecassino . Il suo sogno è diventato realtà . Come in una fiaba la sua storia di guerra è entrata a far parte di un romanzo storico basato tutto su storie vere: “Il Bracciale di sterline. Cento bastardi senza gloria, una storia di guerra e di passioni” scritto dal collaboratore del “Fatto Quotidiano” Matteo Incerti e dalla giovane cronista Valentina Ruozi ed edito da Aliberti e che sarà in tutte le librerie dal 28 aprile .
Coincidenza nella coincidenza, il 21 aprile 1945 Rocky liberò Bologna dalla dittatura nazifascista entrando in città con la 34th Infantry Division degli Stati Uniti, l’esercito polacco ed i partigiani bolognesi. Sessantasei anni dopo, il 21 aprile, il soldato ispanoamericano sarà di nuovo sotto le Due Torri alla libreria “Feltrinelli” alle 18, per festeggiare la libertà, presentare e firmare il libro insieme ad altri reduci partigiani e raccontare quel giorno di tanti anni fa ai bolognesi. Per lui un gruppo di appassionati bolognesi di rievocazioni storiche arriverà in centro con sei jeep americane d’epoca ed in divisa rigorosamente originale dell’esercito a stelle e strisce che contribuì alla Liberazione di Bologna. “Il mio sogno, nato sulla mia pagina Facebook lo scorso anno è diventato realtà”, racconta Rocque Riojas che è un internatua nonostante i quasi novantanni.
Appena giunto in Italia, una prima grande emozione. Arrivato sotto l’abazzia di Montecassino. Ha guardato quel luogo che lo vide protagonista di una durissima battaglia che gli valse le Purple Heart, poi ha iniziato a piangere. “Quanti ricordi, andammo all’assalto dopo il bombardamento dei nostri aerei, fu un massacro, quanti amici persi per la libertà. Noi combattevamo per la libertà, oggi ha ragione chi dice che si combatte soprattutto per il petrolio, purtroppo”. Ad Anzio e Nettuno, al cimitero americano, cercherà la tomba di un amico morto sessantasette anni fa sul fronte italiano. “Vorrei mettere un fiore sulla sua croce”.
Sulla rete il suo messaggio ha iniziato a girare e gli eventi si accavallano su facebook nel gruppo “Il bracciale di sterline” (http://www.facebook.com/group.php?gid=106558339365635) per presentare il libro e raccontare la sua incredibile storia. Una storia vera la sua che è collaterale a quella di una missione segreta, Operazione Tombola, lanciata nel marzo 1945 da cento uomini e donne dalle squadre speciali britanniche del 2° Special Air Service e gruppi scelti di partigiani della squadra Gufo Nero, della 26a Brigata Garibaldi e del Battaglione Russi.
Una squadra di cento indomiti con inglesi, scozzesi e irlandesi con missioni in tutta la seconda guerra mondiale, un folto manipolo di partigiani italiani selezionati tra i più combattivi elementi delle formazioni comuniste, cattoliche ed apolitiche operanti nel reggiano, disertori tedeschi ed austriaci per amore, un greco che poi visse a Pisa dopo la guerra, un olandese il cui fratello lavorava al fianco di Albert Einstein negli Stati Uniti . Una missione contro il comando tedesco della Linea Gotica ubicato a Botteghe di Albinea in provincia di Reggio Emilia. Un attacco memorabile, lanciato al suono di una cornamusa suonata da uno scozzese paracadutato in kilt ,David Kirkpatrick, ritrovato anche lui vivo dagli autori del romanzo storico frutto di una ricerca durata anni . Insomma i veri “bastardi senza gloria”, parafrasando il film di Quentin Tarantino.
Un attacco che permise agli Alleati quindi anche alla 34esima divisione di Rocky di sfondare le linee tedesche sugli Appennini ed accelerare la fine della guerra e della dittatura liberando Bologna, Reggio e poi tutta la Valle del Po. In quell’inferno due bracciali di sterline, furono regalati da due soldati a due bambine reggiane, Sandra e Silvia, tutt’oggi viventi con due storie incredibili raccolte e romanzate. Anche loro saranno a Bologna. Da Operazione Tombola nacquero cinque amori per la vita narrati nel libro.
Sessantasei anni dopo, grazie ad internet, il filo d’Arianna della storia, dalla Scozia all’Italia, dall’Australia agli Stati Uniti, ha riunito dieci protagonisti di allora incluso Rocky giunto in Italia da Kansas City. Sì avete letto bene, vecchi combattenti per la libertà che navigano in internet. Si intrecciano così amori, ideali, sogni, e come in una favola quei bracciali rivelano alle due bambine di allora, diventate nonne, la storia di due coraggiosi soldati ed una serie di coincidenze da mozzafiato, come in una favola di Giovannino Guareschi.
“Io non sono un eroe, eroi in guerra sono coloro che non tornano a casa. Chi ritorna è stato fortunato e protetto da Dio - ha detto Riojas prima di partire da Kansas City dove è stata organizzata una cena di raccolta fondi per il suo viaggio da parte dell’associazione dei veterani degli Stati Uniti – finalmente potrò vedere le bellezze dell’Italia in pace. Quella pace e libertà che anche noi americani insieme ai partigiani italiani conquistammo a duro prezzo abbattendo la dittatura fascista e nazista”. Il 21 aprile il ritorno a Bologna per il grande giorno. Poi Rocky sarà a Verona sabato in testa alla più grande rievocazione storica d’Italia “la colonna della libertà”. Il 25 terrà il discorso della Liberazione in piazza a Reggio e poi presenterà in diversi eventi per il suo libro: a Felina, Albinea. Poi a Sassuolo il 26 ed ancora sulle montagne bolognesi a Vado il 27.

lunedì 18 aprile 2011

Calderino di Monte San Pietro (Bo): 25 aprile 2011 "T'ARCORDET - Zwangsarbeiter"



Comune di Monte San Pietro
Anpi - Sez. di Monte San Pietro
A.N.E.D.
Ass. "La Conserva"
Ass. Cinerana - La Rana dalla bocca larga

Alle ore 10.30 presso la Sala Consiglio, Piazza della Pace n. 4 - ingresso Via Lavino, saluto del Sindaco Stefano Rizzoli a cui seguirà l'inaugurazione della

Mostra fotografica
"Zwangsarbeiter: schiavi del lavoro"
realizzata da
Simone Caniati


Seguirà la proiezione del film documentario
MONTE SAN PIETRO
7 OTOBRE 1944

T'ARCORDET


Calderino di Monte San Pietro
Sala Consigliare
Piazza della Pace, 4
Ingresso via Lavino

La mostra resterà aperta fino al 2 maggio 2011 durante gli orari di apertura della Biblioteca comunale.

venerdì 15 aprile 2011

Sassuolo (Modena), 20 aprile 2010: Convegno "La guerra segreta"


Città di Sassuolo
Istituto Storico di Modena

CONVEGNO

25 APRILE 1945 - 25 APRILE 2011
“La guerra segreta.” Alleati, partigiani e servizi
di informazione nell’italia occupata (1943-1945)


Mercoledì 20 Aprile 2011
Sala Biasin - via Rocca 22 - ore 10.30

Programma:
Saluti di: Luca Caselli, Sindaco del Comune di Sassuolo
Giuliano Albarani, Presidente Istituto Storico di Modena
Matteo Millan, Università di Padova: Servizi segreti alleati e Resistenza nella campagna d’Italia
La testimonianza di un protagonista - Davide Angeli intervista Ennio Tassinari, agente dell’ORI (Organizzazione Resistenza Italiana)

Coordina Giuliano Zanaglia, Istituto Storico di Modena


L’iniziativa è riconosciuta a validità formativa per i docenti.

Nell’immagine sopra Agenti dell’Organizzazione, tra cui a sinistra, Ennio Tassinari

domenica 10 aprile 2011

Coop Consumatori: "Le fratture della guerra"


Da Coop consumatori, aprile 2011

Le fratture della guerra
Il richiamo alle drammatiche lotte di liberazione del nostro paese è più che mai attuale nell’anno che celebra (tra le polemiche) l’unità d’Italia. Ecco una lettura di alto profilo culturale dei fatti di quel periodo


“Le stragi di guerra come fratture. Diverse prospettive di lettura”. Torna in mente il seminario dello scorso inverno (un seminario che Coop Reno contribuì a realizzare presso l’Auditorium della Scuola Media di Calderino), mentre è vivo il dibattito sui 150 dell’Unità d’Italia e su come (e se) celebrarli. Coordinato da Giusi Marcante (di Radio Città del Capo), quel seminario vide la partecipazione di Fabio Dei, docente di Antropologia culturale all’Università di Pisa; Giorgio Diritti, regista del film “L’uomo che verrà” e “Il vento fa il suo giro”; Andrea Speranzoni, avvocato di parte civile nei processi sulle stragi di Marzabotto, Casalecchio e Monchio; Adriano Zamperini, docente di Psicologia sociale all’Università di Padova.
Massimo Turchi, dell’Associazione e Progetto Linea gotica, spiegò che il senso non era quello di far prevalere una “lettura” piuttosto che un’altra, bensì di offrire spunti di riflessione. Dopo gli apprezzamenti del sindaco di Monte San Pietro, Stefano Rizzoli, per la “qualità professionale” degli invitati, Fabio Dei sviluppò una lettura della cosiddetta “memoria divisa” riferendosi al paese di Civitella val di Chiana, luogo di una grave strage nazista da parte delle armate tedesche della divisione Herman Göering, paese in cui le vedove, convinte che la strage fosse una ritorsione per un’azione partigiana, avevano maturato un’avversione alla festa della liberazione. Questo rigetto fu trasmesso ai figli e a tutta la comunità e venne tramandato, quindi, anche alle generazioni che non avevano vissuto direttamente quella strage. Gli storici dimostrarono che il massacro non aveva alcuna connessione con l’azione partigiana, ma ci volle molto tempo perché le istituzioni riuscissero a cambiare quel sentimento di memoria divisa.
La memoria non è mai una fotografia del passato, ne è sempre una “ricostruzione”, ha sottolineato il prof. Zamperini e, e come tale è influenzata dalla vita di ciascuno così come dal sentito dire da altri e dalla comunità in cui si vive. In ogni racconto della memoria delle stragi, c’è sempre la figura del tedesco buono, anche laddove irreale, forse perché nell’inconscio di chi le rivive c’è la voglia di dare un volto all’umanità, di sperare qualcosa di buono non per rivalutare la figura dei “nemici”, ma per trovare un po’ di pace interiore.
L’avvocato Speranzoni riportò la propria esperienza nei diversi processi per stragi di guerra. I testimoni spesso, non per loro volontà, esibiscono una memoria meno cruda del reale. Nello stralcio del film-documentario “Lo stato d’eccezione” di Germano Maccioni, ancora una volta ritorna la memoria del soldato tedesco buono al cimitero di Casaglia, che avrebbe salvato una bambina, la testimone, appunto, mentre i due tedeschi interrogati in quell’occasione confermarono che non c’era stato alcun episodio del genere; forse però qui scatta anche il senso di colpa di alcuni sopravvissuti, che cercano di giustificare il perché sono vivi, mentre altri morti. Sui ricordi e sulla memoria dei sopravvissuti è costruito il film capolavoro di Giorgio Diritti, “L’uomo che verrà”. “Volevo raccontare la drammaticità di uomini che arrivano a uccidere altri uomini in maniera così naturale come prendere un cappuccino”, ha spiegato il regista.
Il progetto educativo “Linea Gotica, linea della memoria” prese avvio a seguito del convegno del 2002 “Una montagna di Pace: la linea Gotica dei monti della Riva”, dove reduci americani, tedeschi e partigiani raccontarono la loro esperienza di guerra sui Monti della Riva. Da qui l’idea per una modalità volta alla comprensione del cambiamento interiore delle persone durante la guerra e, contemplando i differenti punti di vista dei protagonisti (partigiani, soldati americani e tedeschi), comprendere l’importanza del confronto interculturale come mezzo per evitare i conflitti.

martedì 5 aprile 2011

Castel d'Aiano (Bologna), 10 aprile 2011: "Il trekking della Linea Gotica"



Domenica 10 Aprile 2011
CLUB ALPINO ITALIANO

Organizza
col patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Castel d’Aiano (BO);
e
con la collaborazione dell’Associazione Linea Gotica – Officina della Memoria

IL TREKKING DELLA LINEA GOTICA
(Castel d’Aiano - Monte Spe - I Monti – Castellana - Tora - Castel d’Aiano)


Programma
Ritrovo: ore 8,30 nel Piazzale Località Croce di Castel d’Aiano (BO)
Partenza: ore 8,45 .
Rientro: ore 13,00 nel Piazzale Località Croce.
Grigliata in compagnia: ore 13,30 nel parco della Croce.
Visione plastico Multimediale Linea Gotica: ore 15,30 presso la Sala Civica
Comunale adiacente al parco.
Itinerario
dal piazzale della Croce ci incammineremo sul sentiero CAI 192 seguendo il quale
arriveremo al Monte Spe per visitare le trincee Americane; proseguiremo lungo il
sentiero CAI 192/A fino ad intersecare il sentiero CAI 190 che ci porterà ai Monti
dove ammireremo lo splendido panorama sulla Valle del Reno e seguendo il sentiero
CAI 158 in direzione Castellana dove andremo a visitare le più evidenti e mantenute
trincee della zona, per poi proseguire in direzione Castel d’Aiano passando dalla
Maestà del Passatore, Tora, Cà Vecchia.
Tempo di percorrenza: 3,5 ore escluso le soste.
Difficoltà: percorso turistico, adatto a persone senza particolare allenamento sportivo ma in buona condizione fisica, in grado di affrontare i dislivelli caratteristici del territorio su fondo sterrato. E’ consigliato indossare scarponcini da trekking, indumenti comodi, zainetto con acqua e merenda oltre a giacca antipioggia.
L’organizzazione della passeggiata è gratuita, mentre per la grigliata è richiesto un
contributo spese di € 10,00 procapite da pagarsi alla partenza, mentre per gli
studenti è prevista la completa gratuità.
E’ gradita la prenotazione ai seguenti numeri:
Giorgio Chiari 3396228804 - Alessandro Gherla 3356215430

Santa Giulia (Palagano), 10 aprile 2011: "I giovani, la cultura, la lotta di Liberazione. Giornata di studi in ricordo di Mario Allegretti"


Sui sentieri della libertà: i giovani, la cultura, la lotta di Liberazione.
Giornata di studi in ricordo di Mario Allegretti


10 Aprile 2011


Parco Provinciale della Resistenza Monte Santa Giulia – Monchio di Palagano

PROMOTORI
Guardie Giurate Ecologiche Volontarie, in collaborazione con le Associazioni Partigiane ANPI. ALPI, FIAP, l’Università di Modena e Reggio Emilia e l’Er-go (Azienda Regionale per il Diritto agli Studi Superiori dell’Emilia Romagna)

PROGRAMMA
Ore 14.45 in località Saltino: Omaggio al monumento a Mario Allegretti con deposizione di una corona alla memoria;
Ore 15.15: Visita al Parco Provinciale della Resistenza di Monte Santa Giulia;
Ore 17 .00: Presso la sala convegni sita nel Centro Servizi del Parco, avvio dei lavori. Dopo il saluto del sindaco di Prignano, Mauro Fantini, interverranno i rappresentanti delle Associazioni Partigiane e di ER-GO, il Prof. Aldo Tommasi - Rettore Magnifico dell’Università di Modena e Reggio Emilia e Walter Telleri - Guardia Ecologica Volontaria;
Ore 19.30: conclusione dei lavori;
Ore 20.00: cena presso il centro servizi.

CHI ERA MARIO ALLEGRETTI
Nato a Vignola il 9 Settembre 1919, dopo aver compiuto gli studi liceali presso l’istituto San Carlo di Modena si laureò in Giurisprudenza presso l’Ateneo dello stesso capoluogo.
Il 10 Aprile 1945 il ragazzo, in memoria del quale è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare, cadde a Saltino di Prignano combattendo contro preponderanti forze tedesche mentre era alla testa dei partigiani della 34° Brigata “Monte Santa Giulia”.
In memoria del coraggio di uomini come Mario Allegretti e per rendere sempre vivi nella memoria i tragici accadimenti di Monchio, Costrignano, Susano e Savoniero, dove il 18 marzo 1944 furono trucidati 136 civili inermi, nacque nei primi anni ’70 e per volere della Provincia di Modena il Parco Provinciale della Resistenza di Monte Santa Giulia.

I racconti shock dei nazisti. "Che gioia uccidere italiani"



Da "La Repubblica" del 4 aprile 2011
I racconti shock dei nazisti: "Che gioia uccidere italiani"


I dialoghi dei soldati della Wehrmacht rivelati in un libro da due storici tedeschi. Bambini e donne massacrati: "Ma che pena i cavalli"
dal nostro corrispondente ANDREA TARQUINI

BERLINO - "In Italia, in ogni luogo dove arrivavamo, il tenente ci diceva sempre "cominciate ad ammazzarne un po'". Io parlavo italiano, avevo compiti speciali". Conversazione quotidiana tra un caporalmaggiore della Wehrmacht e un suo compagno di prigionia, registrata dai servizi segreti alleati durante la seconda guerra mondiale. Una delle tante. Citando e narrando questi documenti, un libro d'imminente uscita in Germania racconta con la precisa freddezza degli storici una realtà agghiacciante, che i tedeschi del dopoguerra, nelle due Germanie e dopo la riunificazione, avevano amato rimuovere: la Wehrmacht non fu l'esercito implacabile ma "pulito" e cavalleresco. Fu nell'animo collettivo pieno complice sia dell'Olocausto, sia dei crimini di guerra.
Ancora una volta la Germania democratica, antinucleare, pacifista fino al no alle bombe contro Gheddafi, rifà i conti con il passato.
"Soldaten, Protokolle von Kaempfen, Toeten und Sterben", cioè "Soldati, protocolli del combattere, dell'uccidere e del morire", s'intitola il libro degli storici Soenke Neitzel e Harald Welzer, in uscita per i tipi della S. Fischer Verlag di Francoforte (524 pagine, 22,95 euro). Un documento nuovo, testimonianza dell'onestà spietata con se stessi con cui i nuovi tedeschi guardano alla loro Storia. Per anni, Neitzel e Welzer hanno studiato oltre 150mila pagine di archivi dell'Intelligence Service britannico e dello Oss americano. Erano le registrazioni dattiloscritte dei colloqui tra prigionieri tedeschi, selezionati a caso dai servizi alleati. I britannici effettuarono l'operazione soprattutto a Trent Park, concentrandosi sugli ufficiali, gli americani a Fort Hunt privilegiando soldati semplici e graduati. Volevano capire la psicologia del nemico, scoprirono l'orrore. Ignari d'essere ascoltati, soldati e ufficiali della Wehrmacht parlavano liberamente, si vantavano a gara tra chi era stato più spavaldo e spietato.
"In un villaggio in Russia c'erano partigiani. E' chiaro che dovevamo fare terra bruciata, uccidemmo donne, bambini, tutto e tutti", dice un soldato a un altro. Oppure, ricordando l'aggressione alla Polonia: "Bombardavamo e mitragliavamo a volo radente attorno a Poznan, volevamo fare tutto il possibile con le mitragliatrici di bordo. Soldati, civili? La gente non mi faceva pena, ma uccidemmo anche cavalli, per i cavalli fui dispiaciuto fino all'ultimo giorno".
Diciotto milioni di uomini, 4 uomini tedeschi adulti su 10, servirono nella Wehrmacht. Queste conversazioni di prigionia tra gente comune, non tra nazisti convinti prescelti nelle SS, narrano l'adesione spontanea alla guerra totale hitleriana. Torniamo ai massacri in Italia: "Il tenente ci diceva, ammazzatene venti, così avremo un po' di pace, alla minima loro sciocchezza via altri cinquanta. Ra-ta-ta-ta con le mitragliatrici, lui urlava, "crepate, maiali", odiava gli italiani con rabbia". Anche altrove: "In Caucaso, se uccidevano uno di noi, il tenente non aveva bisogno di impartire ordini. Pistole pronte, donne, bambini, tutto quel che vedevamo, via!":
Il raptus sterminatore non contagiava solo fanti, bensì anche marinai della Reichskriegsmarine e i piloti della Luftwaffe tanto mitizzati come cavalieri dell'aria. "Col nostro U-Boot affondammo un cargo trasporta-bambini", dice il marinaio Solm nel 1943 a un compagno di prigionia. (Ndr erano le navi con cui i bimbi inglesi venivano portati in salvo dai bombardamenti, in Usa e Canada).
"Tutti affogati? Sì, tutti. E la nave? Seimila tonnellate".
Durante la Battaglia aerea d'Inghilterra, affrontare in duello Spitfires e Hurricanes della Royal Air Force non faceva piacere, ma accanirsi sui civili sì. "Avevamo un cannone da 20 mm, volando bassi su Eastbourne abbiamo visto una festa in una villa, abbiamo sparato, ragazze in abito sexy e uomini eleganti schizzavano via nel sangue, amico mio che divertimento!", si confessano gli ex piloti Baeumer e Greim. Poi c'era il sesso di guerra: "In quella casa a Radom in Polonia", disse il soldato Wallus, "ci portavano con i camion, ogni donna doveva avere una quindicina di noi ogni ora, ogni due settimane dovevano sostituirle". Con le partigiane, ancora più duri, ricorda il militare Reimbold: "In Russia prendemmo una spia, le infilzammo i seni con spini, le infilammo la canna del fucile di dietro, poi ce la facemmo. Poi la buttammo giù dal camion, le tirammo granate attorno, figurati, urlava ogni volta che esplodevano vicino!".
(04 aprile 2011)