martedì 21 dicembre 2010

Strage di Monchio: ora gli imputati sono 9

Da Sassuolo2000 del 20 dicembre 2010

Strage di Monchio: ora gli imputati sono 9


Sono saliti da sette a nove gli imputati per la strage di Monchio, Costrignano e Susano compiuta dai nazisti della divisione “Herman Goehring” il 18 marzo del 1944, con 140 morti accertati nel modenese. Nel processo in corso presso il Tribunale militare di Verona, infatti, lunedì 20 Dicembre è stata accolta la richiesta dei pubblici ministeri Luca Sergio e Bruno Bruni di estendere l’imputazione per il reato di concorso in omicidio plurimo pluriaggravato e continuato anche ai due ottantacinquenni Horst Günther Gabriel e Alfred Lühmann, all’epoca entrambi caporali, sulla base di intercettazioni effettuate in Germania nel corso delle indagini: autentiche “confessioni” telefoniche nella quali Lühmann ricorda che erano soliti uccidere donne, bambini e vecchi nel corso delle azioni “antibanditismo”. Tra le prove anche il diario dello stesso Lühmann dove sono citate esplicitamente le stragi compiute tra il 18 e il 20 marzo del ’43 nel modenese e nel reggiano e quella di un mese dopo nell’Appennino toscano.
L’imputazione, una volta tradotta, sarà notificata ai due nuovi imputati, che si aggiungono agli altre sette per i quali il processo è iniziato nelle scorse settimane in vista della riprese delle udienze in programma mercoledì 12 gennaio.
Nel frattempo, hanno testimoniato anche il sindaco di Palagano Paolo Galvani e il presidente del Consiglio provinciale di Modena Demos Malavasi che, assistiti dall’avvocato Andrea Speranzoni, hanno ribadito le motivazioni della costituzione come parti civili nel processo, insieme a 89 familiari delle vittime, alla Regione Emilia Romagna e all’Anpi.
Galvani ha sottolineato in particolare come la strage abbia colpito la popolazione civile lasciando un segno indelebile nella storia di quelle comunità e ha ricordato l’impegno a promuovere la memoria di quegli eventi. Un tema ripreso anche da Malavasi che vede nel processo «un modo per accertare la della verità nel nome della giustizia, non della vendetta, affinché da questi tragici fatti si possa trarre insegnamento per far sì che non si ripetano mai più». E il riferimento è ai percorsi della Memoria, al parco di Santa Giulia e alle tante iniziative di educazione alla pace promosse nel territorio provinciale.

HANNO GIÀ TESTIMONIATO 60 FAMILIARI DELLE VITTIME
Sono già 60 i familiari delle vittime della strage di Monchio, Costrignano e Susano che hanno testimoniato nel processo in corso al Tribunale militare di Verona, un’altra decina sarà ascoltata alla ripresa delle udienze in gennaio quando sono previste anche le testimonianze di otto tedeschi citati dai pubblici ministeri Luca Sergio e Bruno Bruni.
I due “nuovi” imputati Horst Günther Gabriel e Alfred Lühmann si aggiungono ai sette sotto processo, tutti militari della divisione “Herman Goehring”. Si tratta di Erich Koeppe, 91 anni, tenente dello Stato maggiore del III reparto della Goehring; Hans Georg Karl Winkler, 88 anni, sottotenente, comandante della quarta compagnia; Fritz Olberg, 89 anni, sottotenente, comandante di plotone della terza compagnia; Wilhelm Karl Stark, 89 anni, sergente, comandante di squadra della terza compagnia; Ferdinand Osterhaus, 93 anni, sottotenente, comandante di plotone della quinta compagnia; Helmut Odenwald, 90 anni, capitano, comandante della decima batteria artiglieria contraerea; Günther Heinroth, 85 anni, soldato della terza compagnia.

Remo e il carico di munizioni dei carnefici di Cervarolo

Dalla Gazzetta di Reggio del 19 dicembre 2010

Il carico di munizioni dei carnefici di Cervarolo


VILLA MINOZZO. Mauro Monti, detto Remo, è stato uno dei protagonisti al processo di Verona nell'udienza in cui per la prima volta si sono ascoltati i testimoni dell'eccidio di Cervarolo. Le sue parole, il suo gesticolare, la sua passione nel raccontare, hanno conquistato l'attenzione degli studenti reggiani che hanno gremito l'aula del tribunale militare per una lezione di storia in diretta. Lui, Remo, aveva la loro età quando rischiò di essere ammazzato da un soldato tedesco «forse troppo nervoso» e in qualche modo graziato da un commilitone meno feroce. Remo nel 1944 aveva 14 anni e abitava con i genitori a Case Pelati, pugno di case vicino Cervarolo. «La mattina del 19 marzo - ha detto alla corte presieduta dal giudice Santoro - giocavo con altri ragazzi quando abbiamo visto arrivare da nord una lunga fila di soldati tedeschi. Andavano a Cervarolo a cercare gli uomini del paese, ma erano tutti scappati e così proseguirono per Gazzano. Il giorno dopo tornarono». Remo ricorda che nel pomeriggio del 20 vide la case di Cervarolo bruciare e sentì molti spari. «A Case Pelati c'era un piccolo bar e d'un tratto arrivarono alcuni tedeschi, Uno di loro, prima di entrare nel locale, mi affidò il suo mitra. Non so perchè. Rimase con gli altri nel bar per un'oretta, ridevano mentre guardavano dalla finestra gli incendi di Cervarolo». Usciti di nuovo in strada «quello che doveva essere il capo» ordinò al padre di Remo, al ragazzino e altri uomini di trasportare con i carri dei buoi cassette di munizioni verso la Val d'Asta. Lungo la mulattiera uno dei tedeschi si arrabbiò perché non trovava più il suo giaccone, incolpando Remo di averglielo preso. Ad un certo momento caricò il fucile puntandolo contro il ragazzo, ma un altro soldato lo fermò, «disse, questo si risparmia tanto ne abbiamo già fatti fuori altri di giovani». ALTRI ELEMENTI. Il giudice Santoro ha acquisito agli atti del dibattimento 32 foto presentate dall'avvocato Speranzoni riguardanti luoghi e personaggi riferiti all'eccidio del 20 marzo '44. Nell'ultima udienza Annamaria Paini, figlia di Ines Rossi, l'ultima vedova di Cervarolo morta di recente a 96 anni, ha avuto un leggero malore durante la deposizione. Nella prossima udienza le parti civili depositeranno i certificati medici per 3 testimoni che non possono affrontare il viaggio per Verona. In base all'articolo 512 i loro racconti saranno così acquisiti.

Lezione di storia i tribunale / "I ragazzi sono molto coinvolti"

Dalla Gazzetta di Reggio del 18 dicembre 2010:

Lezione di storia in tribunale «Imputati assenti, perché?»

di Andrea Vaccari
VERONA. La gita è di quelle insolite. Non di quelle a cui si partecipa a cuor leggero, tanto per perdere una giornata di lezione. E' una gita in cui non ci sono guide da seguire o freddi monumenti da osservare ma si ascoltano testimonianze vere, di chi ha vissuto sulla propria pelle i tragici fatti del 20 marzo 1944. Gli studenti di alcune classi dell'Istituto agrario Zanelli di Reggio e del liceo scientifico Dall'Aglio di Castelnovo Monti hanno riempito i due pullman che ieri hanno raggiunto il tribunale militare di Verona, dove si è tenuta una nuova udienza per accertare i fatti e individuare i responsabili delle stragi di Cervarolo e Monchio. «Conosco bene questo triste avvenimento - racconta Nicola Caniparoli della 5ªG dello Zanelli - perché sono di quelle parti. Sono curioso, non sono mai stato in un tribunale e spero che vi sia la possibilità di fare giustizia e chiarezza sull'eccidio». «Consideriamo questo episodio parte integrante della nostra storia - aggiunge Davide Rosati - perché è successo molto vicino a noi. Peccato che i responsabili siano perseguiti solo dopo tanto tempo, ma anche se sono trascorsi tanti anni è doveroso fare giustizia». «Assistere a questa udienza ci permetterà di saperne di più - spiega Yuri Zanotti - e sono certo che sarà una bella esperienza. Cosa sappiamo? Che è stato un episodio molto cruento, nel quale i colpevoli non si sono fatti scrupoli». «Sarà una giornata particolare - afferma Pietro Bertolini - Mi aspetto di imparare qualcosa in più su questo eccidio: nella mia famiglia se ne parla spesso, perché mio nonno scampò alla strage della Bettola». «Mi aspetto di avere maggiori informazioni su quello che è successo - spiega Giacomo Corradi della 3ªI del liceo Dallaglio - e capire cosa abbia potuto generare una simile tragedia». «E' un'opportunità per approfondire il tema della Resistenza - sostiene
Irma Marconi - di cui oggi purtroppo si parla poco. E' interessante avere ancora testimoni che possano raccontare quello che avvenne così tanti anni fa. La cosa che non riesco a capire è come gli imputati non siano presenti in aula». «Sono curioso di vivere questa esperienza - aggiunge Gianluca Sciaboni - anche per sentire testimonianze dirette. Da un lato credo abbia poco senso condannare persone così anziane, ma dall'altro è altrettanto doveroso punire chi ha commesso un crimine così atroce». «Mi piacerebbe poter sentire cos'hanno da dire i colpevoli - conclude Greta Boni - ma non sarà possibile. Mi colpisce che in alcune intercettazioni abbiano fatto capire di non essersi pentiti. Conoscere questi fatti può aiutarci a fare in modo che cose del genere non accadano più».
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«I ragazzi sono molto coinvolti»
I professori: la strage di Cervarolo è un argomento sentito


VERONA. Gli studenti della 5ª G dello Zanelli sono stati accompagnati dagli insegnanti Italo Rovali e Giuseppe Febbraro, coi quali hanno intrapreso un percorso di preparazione a questa giornata. «Dal punto di vista del programma - spiega Febbraro, docente di italiano e storia - non abbiamo ancora affrontato la seconda guerra mondiale, ma i fatti di cui tratta questo processo bene o male sono conosciuti dai ragazzi. In preparazione a questa udienza abbiamo fatto una chiacchierata generale, integrando l'argomento con altri fatti dell'epoca accaduti in queste zone, come l'eccidio dei fratelli Cervi. L'aspetto della guerra civile li interessa molto e, visto che delle stragi compiute dai nazisti non conoscono alcuni aspetti, penso che questa sia un'occasione buona per effettuare una lezione di storia in presa diretta. A marzo poi questo percorso sarà integrato da un viaggio della memoria a Berlino: visiteremo anche alcuni campi di concentramento. Siamo soddisfatti perché gli studenti hanno mostrato un interesse spontaneo per gli avvenimenti e sono stati contenti di venire a Verona». Dal liceo Dallaglio di Castelnovo Monti sono arrivate le due sezioni della terza. «Per i ragazzi - spiega l'insegnante Teresa Muratore, che insieme al collega Graziano Battioni ha preparato gli studenti a questa giornata - la strage di Cervarolo è un argomento molto sentito, in quanto avvenuto molto vicino a loro e perché ha coinvolto alcuni loro parenti. E' dall'anno scorso che stiamo preparando gli studenti su questa tematica, da quando abbiamo visto il film "Sopra le nuvole", che tratta di questo triste episodio. La scorsa settimana abbiamo ospitato Italo Rovali, che si è focalizzato proprio sull'eccidio, poi l'iter si è concluso con l'interevento del ricercatore dell'Istoreco Matthias Durchfeld, che ha parlato ai ragazzi delle armate tedesche». (a.v.)

Cervarolo, sfilano i testimoni dell'eccidio / Strage di Monchio, sentiti 15 testimoni / «Quello che mi dà più fastidio è che nessuno si sia pentito»

Dalla Gazzetta di Reggio del 18 dicembre 2010:

Cervarolo, sfilano i testimoni dell'eccidio
La prima volta davanti al giudice. Lacrime e una sola richiesta: «Punite quei criminali»

dal nostro inviato Andrea Melosi
VERONA. Ieri nevicava. Come il 20 marzo 1944. Il giorno dell'orrore a Cervarolo. Tribunale militare di Verona: davanti al giudice Vincenzo Santoro sfilano 15 testi nel processo a carico di Hans Georg Winkler, ex ufficiale della divisione Hermann Goering e di altri undici militari tedeschi accusati di stragi di civili a cavallo dell'Appennino tosco-emiliano, commesse tra la primavera e l'estate 1944. E in questo tragico rosario c'è anche Cervarolo di Villa Minozzo dove il 20 marzo '44 ventiquattro uomini, compreso il parroco, furono trucidati. IL PROLOGO. Ma prima la ferocia nazista si era fermata a Monchio e in altri paesini del versante modenese. Così il primo a deporre è Ferruccio Pancani. All'epoca aveva 10 anni e abitava con la famiglia a Costrignano, poco fuori Monchio. Il 18 marzo tutti furono svegliati dal cannoneggiamento tedesco che arrivava da Montefiorino, Fuggirono verso i campi e i boschi poi verso mezzogiorno, credendo che tutto fosse finito rientrarono a casa, ma una pattuglia tedesca sorprese suo padre Giuseppe e altri 4 uomini. Messi al muro e subito fucilati: «Mio padre - ha detto - fu quasi decapitato con una raffica». Poi giura e depone Umberto Bernardi, nipote di Raffaele Abbati, altro caduto. Rievoca i racconti della madre, dei morti accatastati come fascine prima della sepoltura. NATALINA. I ricordi di una bambina di 13 anni, Così è iniziata la serie di deposizioni dei testimoni per Cervarolo. La bambina di allora è Natalina Maestri. Ieri, per la prima volta dopo 66 anni ha raccontato l'angoscia di una vita: «Mi ricordo tutto, chiedetemi pure» ha detto con la schiettezza di una solida donna di montagna. «Il 19 don Pigozzi avvisò tutti gli uomini di scappare nei boschi perchè stavano per arrivare i tedeschi. Così in paese restarono solo donne e bambini. Arrivarono i soldati e ci dissero "fate tornare gli uomini, non gli faremo niente". Ci credemmo. La mattina dopo i tedeschi tornarono, cominciarono a buttare giù le porte e a prendere di tutto. Mio padre Sebastiano voleva nascondersi in soffitta. Non farlo, gli dicemmo, poi ti scoprono e ti ammazzano».
TRAGICO INGANNO. Uno ad uno gli uomini di Cervarolo vengono rastrellati e portati nell'aia. Non li ammazzano subito, li terranno lì, in piedi e al freddo, per tutto il giorno, illudendoli fino alla fine. Ancora Natalina: «I tedeschi ci dissero, preparate della roba da mangiare per i vostri uomini, li portiamo con noi in Germania. Poveretti, con quei fagottini in mano, li vedo ancora». Ma Natalina capisce ben presto la situazione: «Camminando con mamma e altre donne, abbiamo visto i corpi di due uomini stesi davanti alla loro casa». Erano Ennio e Lino Costi, padre e figlio, uccisi già al mattino. Al tramonto i tedeschi cominciano a bruciare case e stalle, «abbiamo sentito le raffiche di mitragliatrice e siamo scappate verso i boschi. Gridavano "ci ammazzano tutti gli uomini". La mattina siamo rientrate. Nell'aia tutti morti, c'era anche il parroco, prima picchiato e poi spogliato. Intorno le case bruciate. Non avevamo più niente, per anni abbiamo chiesto l'elemosina, ma tutti ci hanno aiutato. Sono qui per chiedere giustizia, perchè quelle persone, quei criminali siano castigati. Non si può descrivere quello che ci hanno fatto». TALIDE. Talide Vannucci aveva 9 anni. «La mattina del 20 marzo quando mamma si affacciò e vide i primi tedeschi urlò a mio padre, Giovanni alzati e scappa. Ma lui restò a letto perchè era malato. Mio nonno Agostino era invece nella stalla. Lo presero subito. Da prepotenti entrarono in casa, erano in due con i mitra. Aprirono i cassetti e presero tutta la roba da mangiare. Poi salirono al primo piano e portarono giù papà. Presero anche un servizio di posate e l'orologio da taschino di nonno. Misero tutto in un elmetto». Come le altre donne e bambini, anche Talide fu costretta a lasciare Cervarolo. «Ma mi ribellavo, volevo rimanere accanto a papà». Poi cominciammo a sentire sparare e vedere gli incendi delle case. Da allora il fuoco mi terrorizza. Del cappotto che aveva mio padre conservo un bottone trovato quando è stato riesumato. Oggi chiedo che per lui e gli altri sia fatta finalmente giustizia».
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«Quello che mi dà più fastidio è che nessuno si sia pentito»


REGGIO. Sono passati 66 anni, ma riparlare di quei tragici giorni provoca ancora lacrime e singhiozzi tra i parenti delle vittime. Sul pullman c'è chi ha perso genitori, zii, nonni o cugini, tutte persone che portano nel cuore una forte sete di giustizia. Proprio per questo, viaggiano verso Verona con grande speranza, confidando che i loro cari possano essere in parte ricompensati da un'equa sentenza. Tra queste persone, una di quelle ad avere una tra le storie più toccanti è Paola Fontana, 68 anni. Non abita più in zona, vive da anni a Viareggio ma conserva un forte legame con Cervarolo dove, nell'eccidio, ha perso il nonno e lo zio, di 56 e 32 anni. All'epoca Paola era una bambina di due anni e ovviamente non può avere ricordo di quanto avvenne quel giorno, ma grazie ai resoconti dei familiari è riuscita a ricostruire un quadro completo. «Mia madre - racconta commossa la donna - mi ha sempre raccontato quello che avvenne. Mio padre è stato quasi il primo a scoprire i cadaveri: impaurito, andò a chiamare un suo amico e insieme scoprirono che tra i morti c'erano anche i nostri cari. E' già la terza volta che vado a deporre, mi costa tantissimo in termini di emotività e di energie, e non so se ce la farò. Ma è giusto arrivare alla conclusione, anche per rispetto nei confronti di mia madre, che ha sofferto tanto e che era legatissima a mio zio Giovanni. Ora abito lontano ma questo terribile fatto mi tiene legata arcor più a Cervarolo. Confido che il processo possa arrivare a una conclusione: il nostro era un paese di brava gente che non aveva fatto nulla di male, ci conoscevamo tutti e dopo la strage siamo piombati nella miseria. Quello che mi dà più fastidio è che gli autori del massacro non si siano pentiti». Grande soddisfazione per gli sviluppi che sta prendendo il processo è stata espressa da Italo Rovali, uno dei legali dell'accusa e professore allo Zanelli: «Dopo tante sofferenze da parte del paese e grande lavoro istruttorio, si arriva ai resoconti dei testimoni che hanno vissuto i fatti in prima persona. Sono soddisfatto non soltanto per la posizione assunta dal tribunale, che sta lavorando bene, ma anche per il fatto che si sia creata una rete tra i vari legali e l'Istoreco. Mi fa inoltre piacere che i ragazzi abbiano voluto essermi vicino. Per gli imputati è soltanto questione di tempo, perché sono stati inchiodati dalle intercettazioni». (a.v.)

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Ines Rossi Paini, proiettato il dvd della sua intervista-testamento


VERONA. Ines Rossi Paini (nella foto con la figlia) se ne è andata qualche settimana fa a 96 anni. Era l'ultima vedova dei martiri di Cervarolo. Ma ieri nel tribunale militare di Verona la sua voce e la sua immagine sono comparse nella proiezione di un dvd presentato dal pubblico ministero Bruni. Contro la proiezione si è espresso il collegio di difesa degli imputati, contestando la procedura. Ma alla fine il giudice Santoro ha deciso a favore della proiezione, in quanto non contrastava con la deposizione resa poco prima dalla figlia Annamaria (colta da leggero malore) all'epoca dei fatti una bambina di appena tre anni, in quanto la sua testimonianza si basava «esclusivamente o prevalentemente su quanto appreso dalla propria madre». Nel dvd, l'anziana signora (come aveva in precedenza detto anche sua figlia) ricorda che i tedeschi presero a calci i secchi di latte che aveva appena munto, il tentativo di uno di loro di portarla in una camera, la cattura del marito Pio e del suocero Gaetano. Ines ricorda anche l'arrivo del tutto inatteso il 19 di Attilio Paini, il cognato abitava da tempo a Genova e da tempo abitava a Genova. Con la famiglia era in dissidio per probleni di soldi. La sera prima della strage s'incontrò con due soldati. In casa disse che non c'era da preoccuparsi, ma prima dell'alba del 20 lasciò di nascosto la casa. Molti lo accusano di essere stata una spia al servizio dei tedeschi.

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Dalla Gazzetta di Modena del 18 dicembre 2010

Strage di Monchio, sentiti 15 testimoni

PALAGANO. Toccanti e segnate da una profonda commozione ieri le testimonianze al processo aperto a Verona dei superstiti dell'eccidio del marzo 1944, quando i nazisti uccisero oltre cento civili tra Monchio, Susano, Costrignano e Savoniero. Nell'udienza di ieri il primo a deporre è stato Ferruccio Pancani. All'epoca aveva 10 anni e abitava con la famiglia a Costrignano. Il 18 marzo tutti furono svegliati dal cannoneggiamento tedesco che arrivava da Montefiorino, fuggirono verso i campi e i boschi e verso mezzogiorno, credendo che tutto fosse finito, rientrarono a casa, ma una pattuglia tedesca sorprese suo padre Giuseppe e altri 4 uomini. Messi al muro e subito fucilati: «Mio padre - ha detto - fu quasi decapitato con una raffica». Poi giura e depone Umberto Bernardi, nipote di Raffaele Abbati, altro caduto. Rievoca i racconti della madre, dei morti accatastati come fascine prima della sepoltura. Sono stati sentiti anche i superstiti di Cervarolo nel Reggiano, che ha pagato con molte vite quei giorni. «Le deposizioni rese ieri confermano in pieno l'impianto accusatorio» dice l'avvocato Ernesto D'Andrea che, insieme ai colleghi Vainer Magnani e Andrea Speranzoni, cura le decine di parti civili presenti al processo di Verona. «I testimoni - prosegue l'avvocato - hanno un ricordo nitido nell'identificare tra gli autori delle stragi i soldati tedeschi, alcuni dei quali ridevano mentre mettevano e ferro e fuoco paesi e borgate, e ricordano la partecipazione di militari fascisti»

Processo Monchio: "Così uccisero mio padre"

Dalla Gazzetta di Modena del 14 dicembre 2010:

"Così uccisero mio padre"
Un testimone: "Il suo sangue è rimasto sul taccuino"

PALAGANO. Riprendono oggi, nel Tribunale militare di Verona, le audizioni per la strage di Monchio, Costrignano e Susano del 18 marzo 1944, quando furono 140 le vittime accertate nel modenese a cadere sotto il fuoco dei tedeschi. A sfilare davanti alla corte, saranno gli ufficiali di polizia che hanno condotto le indagini nel merito dei capi di imputazioni, che vedono accusati per l'eccidio gli ex appartenenti alla divisione "Herman Goehring": Erich Koeppe, tenente dello Stato maggiore del III reparto; Hans Georg Karl Winkler, comandante di compagnia; Fritz Olberg, comandante di plotone; Wilhelm Karl Stark, comandante di squadra; Ferdinand Osterhaus, comandante di plotone; Helmut Odenwald, comandante della 10ma batteria artiglieria contraerea; Gunther Heinroth, soldato. Domani sarà volta di nuove testimonianze dei sopravissuti (in tutto il processo saranno ascoltati oltre 250 testimoni), che contribuiranno a ricostruire quella tragica giornata di sangue. Come Adalgisa Casini e Armando Tincani che nell'ultima udienza hanno rievocato davanti al collegio presieduto dal giudice Vincenzo Santoro, episodi dolorosi e agghiancianti di quei giorni di guerra. Adalgisa Casini - che all'epoca della strage aveva 8 anni - ha ricordato la crudeltà con la quale venne decapito il padre del suo futuro marito: la testa, mozzata di netto, venne ritrovata abbandonata in una scatola. Armando Tincani - 7 anni all'epoca - ha riferito in maniera precisa l'uccisione di suo padre, portando con sè a Verona, un taccuino appartenuto al genitore scomparso. Sui fogli, ancora indelebili le macchie di sangue. Oltre ai testimoni, l'ultima udienza ha visto la deposizione del consulente tecnico Alessandro Politi, analista strategico dell'esercito e studioso delle strategie antipartigiane in uso alle Ss. Da basi manualistiche degli anni '30-'40, il consulente ha illustrato i giorni dell'eccidio da un punto di vista tecnico militare, spiegando i ruoli della divisione dalla trasmissione dell'ordine fino ai momenti organizzativi. (e.spa.)

mercoledì 15 dicembre 2010

Un'onorificenza per Alfonso Pardini, l'uomo che salvò Lucca



Dal sito "Lo Schermo" di Lucca riceviamo e pubblichiamo volentieri l'articolo di Nazareno Giusti

Un'onorificenza per Alfonso Pardini, l'uomo che salvò Lucca

LUCCA, 11 dicembre - Ci sono persone a cui dobbiamo molto, tutti. Perché con le loro gesta, a volte senza accorgersene, ci hanno permesso di vivere nella Libertà, anche se sono sconosciute alla maggior parte di noi. Spesso per la dimenticanza degli uomini, a volte per la loro riservatezza. Uno di questi è sicuramente Alfonso Pardini che, insieme ad altri tre compagni, salvò Lucca dal bombardamento in programma nel settembre 1944.
Oggi, nella sala degli specchi di Palazzo Orsetti, alle 12, gli è stata consegnata un'onorificenza. Meglio tardi che mai.
“Questa cerimonia - dice infatti giustamente Lio Michelotti, presidente delle associazioni combattentistiche - avrebbe dovuto tenersi molti anni fa, ma solo da pochi mesi abbiamo saputo che uno dei quattro giovani eroi era ancora in vita”.
Pardini però, da persona schiva e riservata qual’è, non si è mai vantato della sua impresa, e a guerra finita aveva proseguito nella sua normale vita insieme con la sua famiglia.
“Oggi – ha continuato Michelotti - compiamo un atto di doverosa riparazione.Lucca avrà sempre un posto di riguardo per lui e per gli altri tre suoi compagni".
Per motivi di salute Pardini, non era presente di persona, ma era rappresentato dalla moglie Maria Ester Accosta e dai figli Enzo e Laura che ha ritirato il riconoscimento con il quale, ha detto il sindaco Mauro Favilla, “la città di Lucca in segno di riconoscenza, ha voluto rendere omaggio al coraggio ed alle virtù civiche ed a quel gruppo di ardimentosi che salvò la città dalla distruzione.”
Erano giorni di ansiosa attesa quelli del settembre del 1944. La città delle mura è occupata dai nazisti che, accerchiati, si stanno smobilitando. Pisa è già stata liberata e gli Alleati continuano la loro inesorabile e incontrastata avanzata. La pressione suoi tedeschi è pressante, l'attività patriotica è fervente e entusiasta, dopo tanti mesi di lotta, la Liberazione sembra vicina.
Nella notte del 2 settembre, però, gli uomini di Hitler fanno irruzione nella Certosa di Farneta, facendo oltre cento prigionieri tra religiosi e civili, che lì erano stati accolti e nascosti. Molti saranno deportati nei vicini campi di raccolta di Nozzano, Camaiore e Massa. Un tragico canto del cigno, un ultimo colpo di coda.
Sono ore concitate, il Combat Team dopo aver varcato il foro di San Giuliano si posiziona tra Vorno e Pontetetto, a circa due chilometri dalla città. Tutto è pronto per l'assalto finale. Il generale della Quinta Armata americana è pronto a bombardare la città, per stanare gli ultimi tedeschi.
“Ma per fortuna - dice lo storico Paolo Bottari - quell'attacco non fu necessario perchè un tempestivo quanto provvidenziale e coraggioso interevento dei partigiani lucchesi della formazione “Bonacchi” riuscì a rompere in più punti il fronte tedesco sull'Ozzeri e a raggiungere il comando americano, per informarlo che i tedeschi stavano fuggendo verso i monti”.
Sono Guglielmo Bini, Giuseppe Lenzi, Alberto Mencacci (oggi deceduti) e Pardini che (come ha ricordato questa mattina il direttore dell’Istituto Storico della Resistenza Lilio Giannecchini) “affrontarono con coraggio i pericoli della sortita ed ebbero anche uno scontro a fuoco con la postazione tedesca situata al ponte dei Frati, mettendola fuori uso” e riuscendo a prendere contatto con il comando delle truppe alleate situate a Guamo, informado il colonnello Sherman (che aveva già predisposto quattro batterie di cannoni) dell’avvenuta insurrezione e dell’occupazione della città da parte delle formazioni combattenti.
Sherman, comandante del 370° Combat Team, credette alla loro informazione e decise di sospendere il previsto bombardamento inviando una pattuglia guidata da un capitano. “Questa decisione - conclude Giannecchini - fu essenziale per la salvezza della città, tanto che alcuni anni fa ai due ufficiali americani fu attribuita la cittadinanza onoraria lucchese alla memoria.”
I primi patrioti lucchesi erano già entrati festanti in città anticipando di qualche ora l'ingresso degli uomini del capitano Gandy. Un'anticipazione dell'entrata dell' U.S. Army di martedì 5 settembre. Una data storica per Lucca.
Ma la guerra non era ancora finita.
A poco più di trenta chilometri, seguendo a ritroso il fiume Serchio, passava infatti la Linea Gotica, ultimo baluardo delle Forze dell'Asse. Seguirà un lungo e sanguinoso inverno prima della Primavera della Liberazione.
Ma intanto Lucca era libera. La sua gente, i suoi palazzi, le sue chiese, i suoi santi, le sue tradizioni erano salve grazie al coraggio di uomini come Pardini.

venerdì 10 dicembre 2010

Monterumici 1944: la guerra scoppia nel diorama vivente



Durante l'evento "Le stragi di guerra come fratture" a Monterumici (Monzuno), domenica 14 novembre si è svolto il diorama vivente "17 ottobre 1944: le voci dopo la strage", ecco l'articolo del 9 dicembre 2010 di Francesco Fabbriani apparso sul Resto del Carlino di Bologna

La guerra scoppia nel diorama
Tedeschi, alleati, partigiani: a Monzuno il Secondo conflitto mondiale è un set

Le colline di Monterumici sono state ancora teatro dello scontro fra esercito tedesco e alleato. Organizzato dalla associazione Linea Gotica si è infatti tenuto una rievocazione storica (diorama vivente) incentrata sugli avvenimenti succeduti nel lontano 17 ottobre del ’44 quando, dopo un feroce scontro in cui gli alleati tentarono per ben 11 volte di conquistare la cima di Monterumici, seguì una pausa per riorganizzare le fila. Il pubblico è stato testimone del pattugliamento di piccoli drappelli di militari. Il comportamento dei soldati corrispondeva a fatti realmente avvenuti. Così uno dei militari americani dice di essere alla ricerca di un braccialetto d’argento perduto durante gli scontri. In effetti nell’area il braccialetto è stato ritrovato anni dopo la guerra e riportava il nome del soldato che lo indossava e della sua innamorata. Ricerche hanno poi rivelato che il soldato ha effettivamente combattuto a Monterumici, ma di lui si sono perse le tracce: uno dei tanti dispersi che non hanno una tomba. Così i militari tedeschi raccontano del loro disprezzo per gli italiani considerati traditori ed esternano la loro rabbia per dover combattere la guerra che avrebbe dovuto essere dell’alleato. Il pubblico ha partecipato con molta attenzione sollecitato dalla ricostruzione con il diorama vivente e dal dialogo con i militari. “L’incontro con personaggi realmente esistiti e l’assistere a episodi realmente avvenuti, è molto bello,” ha detto Lamberto Stefanini dell’associazione ‘La Rana dalla Bocca Larga’. “Il diorama vivente aiuta a ricordare la verità e coinvolge il pubblico che esprime così anche le proprie emozioni” ha precisato Claudio Contri. Annalisa Calabria sta traducendo il diario di un soldato americano e ha detto: “Molto interessante assistere alla storia vera”. Mirco Rinaldi è accompagnato dal figlioletto, il piccolo Francesco: “Sono un cercatore di reperti bellici e in queste zone ne ho trovati diversi”. La professoressa Anna Pozzi giudica molto interessante la rappresentazione: “Fa capire la storia vissuta dai singoli ”. Marialuisa Menegatto ha aggiunto: “Mi è piaciuto molto”. Jan Pascal Marcacci sentenzia: “I morti vanno tutti rispettati. Le idee no”. Giancarlo Rivelli ha tenuto la conferenza finale e ha voluto ricordare: “La storia dell’Appennino bolognese del periodo bellico ha ancora molto da raccontarci”.

giovedì 9 dicembre 2010

Cervarolo (Reggio Emilia): "Nuovi testimoni per Cervarolo"


Dalla Gazzetta di Reggio del 3 dicembre 2010 riportiamo l'articolo:

Nuovi testimoni per Cervarolo
Il pm Bruni ha raccolto i ricordi di sei persone sull'eccidio del 1944


VILLA MINOZZO. Gli anni, anche se tanti, non fermano la memoria. Così si allunga la lista dei testimoni per l'eccidio di Cervarolo del 20 marzo 1944: 24 civili inermi fucilati dai tedeschi con la complicità dei fascisti. Le parole di tre uomini e tre donne saranno usate nel processo in corso a Verona contro ex militari della Goering. Per ascoltare chi ora ha i capelli bianchi, il volto segnato dalle rughe, ma con la testa ancora ben funzionante, il pubblico ministero Bruno Bruni al processo di Verona, ha compiuto un sopralluogo a Cervarolo e poi a Monchio, nel Modenese, altro teatro della barbarie nazifascista che vede imputati una dozzina di ex ufficiali e sottufficiali di reparti della divisione Goering che operarono nell' Appennino tosco-emiliano. In totale Bruni ha raccolto undici nuove testimonianze da allegare agli atti processuali; di queste, sei per Cervarolo. Si tratta di tre uomini e altrettante donne che all'epoca dei fatti erano ragazzi e giovani: Italia Gigli; Cesare Merciadri; Remo Magnani; Marialuisa Paini; Remo Monchi e Paola Fontana. Da ricordare alcune loro storie. Magnani aveva 14 anni quando nel marzo '44 a Civago sfuggì per miracolo a raffiche di mitra che gli spararono dei fascisti della Gnr (la guardia nazionale repubblicana). Remo Monchi, dopo la strage di Cervarolo, venne costretto dai tedeschi a trasportare delle cassette di munizioni. Il ragazzo arrivò così fino a Case Bagatti con gli uomini della Goering. Qui rischiò di essere eliminato come scomodo testimone, ma alla fine in qualche modo riuscì a salvarsi. Di assoluto rilievo, per la ricostruzione degli eventi che precedettero l'eccidio di Cervarolo, viene ritenuta la testimonianza fornita da Italia Gigli. All'epoca lavorava nell'ufficio postale e telegrafico di Gazzano. La sera del 19 marzo (24 ore prima della strage) stava per chiudere l'ufficio quando fu fermata da alcuni militari (in paese erano giunti dei reparti per trascorrere la notte). L'anziana, in una nostra precedente intervista riferì che a costringerla a tornare in ufficio «furono dei tedeschi, ma c'era anche un fascista in divisa. Era delle nostre parti perché parlava in dialetto». La Gigli venne costretta a trasmettere ordini via telegrafo. Erano le direttive per l'azione di rastrellamento e accerchiamento di Cervarolo prevista per il giorno dopo. La donna avrebbe anche ascoltato delle telefonate con il capo della Gnr che in quelle ore si trovava a Villa Minozzo. 3 dicembre 2010

mercoledì 8 dicembre 2010

Vernio in lutto per la morte del sergente Singlestad


Da "Notizie di Prato" del 1° dicembre 2010 riportiamo l'articolo
Vernio in lutto per la morte del sergente Singlestad
uno degli ultimi reduci della divisione Red Bull che liberò la Vallata dai nazisti


Prima di cominciare il consiglio comunale, lunedì scorso, il sindaco di Vernio Paolo Cecconi ha voluto dedicare un ricordo a Sylvester Don Singlestad scomparso il 18 novembre negli Stati Uniti. Singlestad era un reduce statunitense combattente in Italia nella seconda guerra mondiale, contribuì allo sfondamento della “Linea Gotica” partecipando alle battaglie sulle montagne di Vernio.
Nato il 9 maggio del 1917, era originario del Minnesota e veterano della 34th divisione di fanteria “Red Bull” alla quale il Comune di Vernio ha dedicato anche una via, quella che conduce al passo della Torricella dove, nel settembre 1944, si svolse una delle battaglie più cruente che interessarono il suo territorio. Il sergente Singlestad fu presidente dell’associazione dei veterani della 34th divisione di fanteria “Red Bull” ed accolse il sindaco di Vernio quando quest’ultimo, insieme allo storico locale e past president dell’Unuci di Prato (ufficiali in congedo), Tenente Riccardo Barni, si recò nel 2008 nell’Iowa al raduno dei veterani della 34th Infantry Divisione “Red Bull”.
Singlestad è stato inumato lunedì 29 novembre, stesso giorno in cui si è svolto il consiglio comunale a Vernio, con una cerimonia militare al cimitero militare di stato di Camp Ripley, in Minnesota. Nel settembre del 2009 Singlestad intervenne, venendo appositamente dagli Usa, alla cerimonia che annualmente il Comune di Vernio organizza al Passo della Torricella, per celebrare l’anniversario della liberazione di Vernio dal nazifascismo e i caduti della seconda guerra mondiale. Insieme a lui arrivarono dagli Usa una ventina fra reduci e loro discendenti per partecipare alla celebrazione del Comune pratese. Arrivò a Vernio volando in Italia direttamente dall’Iraq, dove era impeganto in operazioni militari attive, anche il generale comandante della 34th Infantry Divisione Richard Nash.
La commemorazione Sylvester Don Singlestad al consiglio comunale, dopo un breve ricordo fatto dal sindaco, è stata pronunciata dal tenente Riccardo Barni, Past President dell’Unuci di Prato, che proprio nel 2008 in occasione della visita compiuta negli Usa insieme al sindaco di Vernio, ebbe l’onore di essere nominato membro onorario della Associazione dei “Red Bull”.

lunedì 6 dicembre 2010

Tradotta in inglese la storia della Battaglia di Natale in Valle del Serchio


Da "Lo Schermo" del 04-12-2010 riportiamo l'articolo di Nazareno Giusti

Tradotta in inglese la storia della Battaglia di Natale in Valle del Serchio


04-12-2010 / Fatti & personaggi / Nazareno Giusti

BARGA (Lucca), 27 novembre - Nella vita di alcuni di noi ci sono giorni speciali in cui arrivano notizie che non ci saremmo mai aspettati, arrivano all'improvviso, come è accaduto al Tenente Colonnello Vittorio Lino Biondi che, di ritorno dalla missione in Afghanistan, aprendo la sua posta elettronica, si è trovato una sorprendente mail inviatagli dalla signora Anne Leslie Saunders, professoressa alla Research Associate Department of Classics College of Charleston (USA) autrice d'una guida in inglese che tratta della Seconda Guerra Modiale in Italia (“A Travel Guide to World War II Sites in Italy”) e di un importante sito sull'argomento: www.travelguidepress.com.

La professoressa statunitense, oltre a rivolgere i suoi complimenti per l'attività svolta, ha chiesto al militare di poter tradurre il suo libro “La Battaglia di Sommocolonia”, pubblicato nel 2007 con all'attivo una ristampa e la pubblicazione all'interno del volume “Operazione Wintergewitter” dello storico Davide Del Giudice.

La professoressa è venuta a conoscenza del libro sulla battaglia di Natale grazie al dottor James Pratt che proprio a maggio si era recato a Sommocolonia a visitare i luoghi dove il padre, capitano del II° Battaglione del 366th (l'unico reggimento con ufficiali afroamericani, ndr) della 92ma Divisione Buffalo, aveva combattuto dal novembre del '44 all'aprile del '45.

Confessa Biondi: “E' stato emozionante e veramente bello leggere la richiesta della Dottoressa Anne Leslie, è stato pari alla soddisfazione che ho avuto nel ricevere due email dal parte della Ambasciata Italiana a Vienna che ritrascrivevano una comunicazione ricevuta da un professore di Storia austriaco che si complimentava per il libro, in quanto... 'preciso, veritiero, onesto e sopratutto senza acredine.' Vuol dire che abbiamo lavorato bene, e questo alla fine conta. Proprio due bellissimi riconoscimenti, contrapposti e quindi ancor più gratificanti.

Ma perchè negli Stati Uniti c'è questa grande attenzione per questa piccola battaglia?

"La forte considerazione è essenzialmente dovuta al fatto che essa è l'unica attività operativa di un certo livello che si svolse nel 'sottosettore occidentale della Valle del Serchio'. Quando si parla della Linea Gotica, si intende essenzialmente la grande battaglia, durissima e sanguinosa, di Rimini che si svolse nel settore Adriatico, e che durò tutta l'estate del '44 fino a ottobre inoltrato con moltissime perdite da entrambe le parti. Da noi, nel settore Occidentale, le battaglie furono assai più contenute, in particolare l'unica vera operazione è la 'Wintergewitter' Temporale d'Inverno, che mise in difficoltà temporanea gli Alleati, costringendoli ad un rapido cambiamento degli assetti e delle forze sul terreno. Gli afroamericani vivono pertanto il ricordo di questa battaglia, che li ha visti in difficoltà, con un forte senso del ricordo e della passione di chi ha condiviso un particolare momento negativo. Hanno combattuto con onore, ma sono stati battuti dall'impeto travolgente delle forze dell'Asse. Anche se è stata una vittoria effimera, durata due giorni: al terzo giorno erano state già riprese le vecchie posizioni. A seguito di questo momento infelice per la 92° Divisione Buffalo, vi fu un deciso riordinamento interno che vide migliorare sensibilmente la policy razziale con la quale dovevano confrontarsi quotidianamente i soldati afroamericani, oltre alla normale contrapposizione contro le forze nemiche come è ben descritto nel docufilm di Fred Kuwornu, 'Inside Buffalo'".

venerdì 3 dicembre 2010

Davide Perlini: "Una storia di guerra"


Riceviamo da Davide Perlini l'articolo riguardo la sua storia pubblicato il 4 novembre 2010 su "Carluke Gazette"

A WARTIME LOVE STORY


By ROSS THOMSON
A CARLUKE family have been re-united with their Italian cousin after 65 years - with a helping hand from the Gazettel Jeanette Marshall contacted the Gazette after an emotional meeting with long lost Italian cousin Davide Perlini in Bologna five weeks ago.
The story dates all the way to 1944 when five brothers of the Jackson family of Carluke went to fight for their country during WWII.
Jeanette said: "My mother (Susie Jackson) had one sister and 11 brothers.
"Five brothers including my uncle David went off to fight for Britain during the war.
"While in Italy my uncle fell in love with an Italian woman Fernanda Perlini and she soon fell pregnant.
"However, by this time my uncle had been moved to the front and she didn't tell him.
"By 1946 the war had ended and my uncle David had started a new life but Fernanda had the baby who she called Davide.
"Unfortunately in those days having a child outside marriage was frowned upon and Davide was eventually put in an orphanage while his mother went to Milan returning for him 14 years later."
It wasn't until his mother died in 2005 that Davide began searching for his father, which began with reading the Gazette dated May 19 1944 which informed the Jackson family that all five brothers were stationed initially and were doing well.
After that Davide took his search all across Italian television and newspapers in a bid to find his father.
Unfortunately for his son David Jackson had since died and is buried in Bermondsey in London, where he settled after the hostilities ended.
But that didn't stop Davide from tracking down his long lost family and finally this year he made the big breakthrough.
Jeanette said: "After the war all of my mum's brothers moved to London with only my mum and aunt Mary remaining in Carluke:
"After a lot of tracking down Davide managed to get in contact with his half sister Heather and they met up in August this year."
It was while booking a short break in Italy for herself and partner Allan that Jeanette managed to finally meet her cousin and despite not understanding the Italian language she knew straightaway who it was she was talking to.
"We were looking at a number of places in Italy such as Milan, Venice and Rome," said Jeanette. "We eventually decided to go for a couple of days to Bologna.
"It was at that time that I received an e-mail from a member of the family to say that there was an Italian cousin who desperately wanted to meet me.
"Having swapped e-mails back in forth we agreed to meet.
"I wasn't sure how he would recognise me but he told me he would know straight away because of my eyes.
"The day before myself and Allan were sitting in a little pub having a glass of wine when all of a sudden I saw this man looking at me.
"He then came up and started pointing at my eyes and that's when I knew it was him.
"He was so emotional, which is very Italian, and couldn't believe that he had met more of his family. It is like something from a fairytale.
"It just goes to show that you should never give up if you are in a situation like that.
"We are hoping that he will come over to Scotland in the near future.
"He is such a nice person and I'm so glad that I have found him."

lunedì 29 novembre 2010

Sarzana (Sp), Teatro Impavidi 10-11 dicembre 2010: "Jacobs"

Compagnia degli Evasi
annuncia il debutto di
JACOBS
il primo spettacolo teatrale realizzato
sulla vicenda umana del partigiano tedesco Rudolf Jacobs
Teatro Impavidi – Sarzana
10 e 11 dicembre 2010 – ore 21:30


Maggiori informazioni sullo spettacolo teatrale "Jacobs"

venerdì 26 novembre 2010

Progetto europeo eTwinning: fumetto "Come l'orso Wojtek è diventato soldato"


Riceviamo da Dorota Kulawiak di "Ideas in Action - Centro di Lingue Cultura e Spettacolo" (Imola, Bologna) l'interesante notizia della pubblicazione online del fumetto "Come l'orso Wojtek è diventato soldato" disegnato da Ania, la studentessa polacca della scuola di Zagan, partner del progetto eTwinning con il Paolini-Cassiano di Imola (le insegnanti: Wioletta Sosnowska e Angela Riccomi).

Questo il link al fumetto online
"Come l'orso Wojtek è diventato soldato"




mercoledì 24 novembre 2010

Castelnuovo Magra (Sp): 66° anniversario del rastrellamento nazifascista del 29 novembre 1944


Archivi della Resistenza partecipa al 66° anniversario del rastrellamento nazifascista del 29 novembre 1944. Anche quest'anno è previsto un programma denso di eventi con incontri didattici e proiezioni nei comuni coinvolti dal rastrellamento. La nostra associazione è presente con la proiezione del film-intervista dedicato all’evento “Un popolo alla macchia. 29 novembre 1944” e la replica della trasmissione radiofonica “Un popolo alla macchia. Storie alla radio”, che permetterà anche a chi è lontano, o impossibilitato a partecipare, di ascoltare il racconto dalla viva voce dei testimoni. L’appuntamento per “inaugurare” la nuova stagione è al Circolo Arci di Castelnuovo Magra Centro Storico (domenica 28, ore 17) per una proiezione e un “aperitivo-dibattito” in compagnia dei partigiani Vanda Bianchi, Luigi Fiori e Turiddo Tusini.

PROGRAMMA GENERALE


Sabato 27 Novembre
ore 10.00 Centro sociale di Castelnuovo Magra, incontro tra gli studenti della scuola media “Dante Alighieri” e i partigiani, con proiezioni video a cura di Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani

Domenica 28 Novembre
Ore 17.00 Circolo Arci Castelnuovo Magra Centro Storico, proiezione del film intervista “Un popolo alla macchia. 29 novembre 1944” da un’idea di Lido Galletto, regia di Andrea Castagna e Archivi della Resistenza. Intervengono la partigiana Vanda Bianchi e i partigiani Luigi Fiori e Turiddo Tusini

Lunedì 29 Novembre
ore 9.00 Commemorazioni ufficiali presso i luoghi coinvolti nel rastrellamento
ore 16.00 / www.contattoradio.it / 89.750 – 89.500 Mhz
“Un popolo alla macchia. Storie alla radio”. La storia del grande rastrellamento nazifascista del 29 novembre 1944 attraverso le parole di 25 testimoni.

Organizza: ANPI Castelnuovo Magra, Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani, ARCI Castelnuovo Magra Centro Storico, Comune di Castelnuovo Magra, Comitato Sentieri della Resistenza, Contatto Radio Popolare Network

Info: 3403935105, info@archividellaresistenza.it

giovedì 18 novembre 2010

Finding Uncle Eugene


Tratto da "Pine Journal" (Minnesota) del 10 Novembre 2010 by Jana Peterson

Finding Uncle Eugene … and more


Over the last 14 years, Bob Anttila has been to Italy five times and made numerous friends while searching for the places his uncle Eugene Anttila spent the last days of his life, fighting the Germans in World War II.
By: Jana Peterson, Pine Journal


Bob Anttila always wanted to know more about his Uncle Eugene, who died fighting for the United States in the mountains of northern Italy during World War II. He's holding the photo of Eugene that appeared in a Life magazine feature on "The Forgotten Front" in the April 16, 1945 issue.
It all started with a photograph. For decades, an April 16, 1945 copy of Life magazine was one of the Anttila family’s most cherished items, as it contained the last photo ever taken of Pfc. Eugene W. Anttila.
Cloquet’s Bob Anttila never knew his Uncle Eugene. Although his middle name was taken from his uncle, Bob was only nine months old when Eugene died, fighting the Germans along the “Gothic Line” in the mountains of northern Italy as a part of the 88th Division, 349th Infantry Regiment.
The photograph in Life magazine showed Eugene, the lower half of his face blackened, leaning against the wall of one building while another soldier crouches nearby. A sign on another wall a few feet away and perpendicular to Eugene’s wall reads “Halt, About Face,” warning soldiers that the open area between the buildings is under enemy observation. Anyone who crossed could be picked off by the German machine gunners.
Growing up in Deer River, Bob Anttila was fascinated by his uncle’s story. At the same time, he was very aware of how much sorrow his death had brought to the family, especially his Grandma Hillina, who sat with the other Gold Star Mothers – whose sons had also paid the ultimate price in the war – each Memorial Day.
They didn’t know much about how or where Eugene had died. What little they did know (date and location), the Anttila family later discovered, was wrong.
It would be nearly 50 years before Eugene’s nephews began filling in the gaps in his story.
In 1994, Bob’s brother Gary Anttila wrote a letter to the newsletter for the 88th Division, asking if anyone had known Eugene.
Two weeks later he got a reply from Trego, Wis.
“All these years, Eugene’s platoon sergeant had been living 50 miles south of Superior,” Bob said. “He told us, ‘Yeah, I knew him. He was my machine gunner. And he died in my arms.’”
Clifford Nelson explained how, after a terrible bombardment of a ridge called Furcoli and the adjacent mountain knob called Monterumici, the men of the 4th Platoon, Company A, 1st Battalion, 349th Infantry Regiment, 88th Division and the rest of the battalion had stormed the ridge and mountain, where the Germans remained behind their defenses of minefields, mortars, caves and machine gun nests. The attack began at 10 p.m. April 15, 1945. Sometime during the next day Eugene was hit by machine-gun fire and pulled to the relative safety of the entrance to a hillside cave, where he died shortly thereafter, with Sgt. Nelson holding him.
Between them, the two brothers visited Nelson (now deceased) several times. On one visit, Nelson showed Bob a video he’d taken in Italy, when he’d gone, as Bob puts it, to settle “the ghosts of war” a couple years before.
“He said, ‘That’s where [Eugene] died, right there,’ and showed me the cave. Then he told me about these Italian people he’d met, and gave me their address,” Bob said.
Bob wrote a letter to those Italians, Erminio and Rita Lora of Bologna, and soon got an invitation to come visit. He traveled there in 1996, determined to walk the same ground his uncle had strode, climb the same hillsides he’d fought for and visit the cave where his life had ended, 51 years before.
Little did he know that this quest to learn more about the place his uncle died would not only answer all those questions, but ultimately find Bob an honorary citizen of the county where Eugene’s life ended in war.
Between 1996 and now, Bob has made five trips to Italy and has made even more friends. His story of his uncle has been published in an Italian book, and the story of his search for Eugene made the paper in Bologna, a city of more than 370,000 people.
Still, each of his stories starts with someone he met in Italy, who introduced him to other people, who introduced him to even more. Happily, they were all eager to help this American who wanted to know more about this shared history.
Meeting Erminio and Rita Lora led to an introduction to Marinella Caianiello, who was writing a book about the villagers in the mountains during the war and their experiences. (Caianiello ended her book with Bob’s chapter about his uncle, and with this quote from Bob, which she loved: “As a young child I remember my grandmother’s sorrow. As I grew up, I realized how many mothers suffered as she did after their sons on both sides died during that war.”)
Caianiello next introduced him to engineer/amateur historian Giancarlo Rivelli, who has been Bob’s best “sleuth-friend.” Rivelli has introduced him to others whose avocation is wartime history, and more who simply lived through it.
Still, even with local contacts, the task of “finding Uncle Eugene” wasn’t as simple as one might imagine. Lots had changed in 50 years, and memories aren’t always correct.
For example, while Eugene’s best wartime buddy, Dan Cornett of Florida, did vividly remember the events of that long-ago day, he was calling the mountain ridge by the name of the village where the attack had begun.
As well, when Bob first went to Italy, the cave itself was inaccessible, the land fenced off by the current landowner. He could see the cave from one angle, and stand 100 feet above it on a mountainside, but it wasn’t until six years later, in 2002, that Bob actually got to stand there.
Again, it happened with the help of his friends in Italy. Rivelli talked to the landowner, who met Bob and Caianiello at the gate and let them in.
However, the biggest challenge of all was finding the place where the cherished last photo was snapped. In the end, it took seven years to figure it out.
“Giancarlo found some photos that didn’t get in the magazine,” Anttila explained. “And the mountains don’t change. So he went in April [the same time of year the photos were originally taken] and looked at the mountains and the ridges. That was one way he narrowed down where the house was.”
It was April 16 of this year that Bob got the e-mail from Rivelli, telling him he’d found the wall.
“Eugene is not forgotten,” was the subject line, written on the anniversary of the veteran’s death.
The wall where Eugene was leaning in that Life magazine photo is now the inside wall of a bathroom. The building itself still stands in the village of Ca’ di Giulietta – about a mile from the cave as the crow flies – but the family who bought it had added a bathroom onto the back.
“That inner wall is 18 inches thick,” Bob said, chuckling as he hands over a photo of himself and Rivelli, standing in a modern-looking, white-tiled bathroom, holding a copy of the magazine photograph.
That moment was not the icing on the cake, however. That came later in the trip, when the residents of the small village held a reception for their American friend, attended by the current and former mayors, county commissioners and even the big city newspaper. A number of dignitaries, including Bob, gave speeches. Then they made him an honorary citizen of Monzuno, the county where his uncle spent the last months of his life and that his nephew has now gotten to know so well.
“These guys, now they’re friends,” Bob said, gesturing to the photos spread out across the table. “Maybe that’s a better thing out of all this than finding where he died. Maybe the best thing is finding all these wonderful people I met.”

martedì 16 novembre 2010

Una lezione di storia «dal vivo»


Dalla Gazzetta di Reggio Emilia del 14 novembre 2010

Una lezione di storia «dal vivo»
Villa Minozzo: studenti dello Iodi al processo per la strage di Cervarolo


VILLA MINOZZO. Una lezione di storia contemporanea "dal vivo". E' questa l'esperienza degli alunni della 5ª classe dell'istituto Don Zeffirino Iodi che mercoledì e venerdì hanno partecipato alle udienze del processo che si sta celebrando a Verona contro 11 ufficiali dell'esercito tedesco accusati di crimini di guerra per l'uccisione di civili a Cervarolo e Civago, il 20 marzo 1944. Jessica Leto, Federica Zurlini, Natalia Bandalac, Sabrina Loukili, Stefania Nulchis, Alessio Fornaciari e Cristina Colosimo, accompagnati dai lori insegnanti di diritto e di storia, hanno seguito alcune fasi del processo e così raccontano le loro impressioni. «E' stata un'esperienza importante - affermano - perchè ci ha permesso di conoscere una vicenda storica, così come ricostruita da esperti, il Generale dei carabinieri Roberto Delia, ci ha spiegato come era strutturato l'esercito tedesco e due ricercatori storici, il professor Massimo Storchi e la professoressa Paola Rovatti, che hanno ricostruito il contesto storico, vale a dire l'occupazione tedesca e la Resistenza. Ho avuto la sensazione di una attualizzazione alla storia e delle vicende che la compongono, troppo spesso illustrato soltanto in modo astratto e poco studiato a scuola». Conoscevate già i fatti dei quali si è parlato in tribunale? «Li conoscevo soltanto sommariamente e devo dire che oggi mi pare di poterli conoscere molto meglio e di potermi fare una mia opinione più solida e costruttiva. Ne avevo soltanto sentito parlare. Ora sono convinta che la storia, soprattutto quella recente, debba essere meglio conosciuta ed approfondita, perché è parte del nostro passato. Credo che la storia recente debba essere studiata come parte della nostra vita presente, come attualita». Cosa vi ha colpito di più? «Mi ha colpito molto la descrizione dei fatti, in particolare, mi ha impressionato sentir raccontare come siano state pianificate operazioni militari che prevedevano di coinvolgere e colpire i civili. La cosa che mi ha colpito di più è stato il racconto sul trattamento dei civili, donne e bambini strappati alle loro case, uomini usati come "portatori" delle munizioni e successivamente uccisi. Mi ha impressionato molto quando hanno parlato dell'uccisione di una donna incinta e dei suoi bambini di tre, cinque e sei anni. Altrettanto importante è stato il racconto relativo all'uccisone degli uomini radunati sull'aia di Cervarolo, massacrati a colpi di mitragliatrice che sparava da pochi metri, non più di due, di distanza».
Avete qualche considerazione da fare? «Quanto è stato detto mi ha fatto riflettere sulla guerra e sui suoi orrori, anche sulle troppe guerre in corso. Ho pensato che, probabilmente, cose simili a quelle narrate, episodi come le stragi di Monchio, Cervarolo, Civago, si verificano ancora oggi. E' stata una importante lezione, oltre che di storia anche di vita. Ho capito che non ci sono guerre giuste. Al più si ha il diritto e forse il dovere di difendere una propria libertà. Come facevano i Partigiani, ragazzi che avevano la nostra età. Dobbiamo imparare a conoscere il nostro passato per saper vivere il presente ed apprezzare e difendere quelli per cui sono morti per la nostra libertà e giovani della nostra età».

domenica 14 novembre 2010

Processo strage Cervarolo: "Ines è morta «ma sarà in aula» La sua testimonianza in un dvd"

Dalla Gazzetta di Reggio del 13 novembre 2010
Ines è morta «ma sarà in aula» La sua testimonianza in un dvd

VILLA MINOZZO. Il suo ultimo desiderio sarebbe stato quello di assistere alla fine del processo. Vederne l'epilogo, ascoltarne la sentenza. Dodici giorni fa, però, è morta. E il pensiero di molti è andato subito a quella testimonianza che lei avrebbe voluto rendere in aula a Verona per far sì che l'eccidio di Cervarolo non rimanga impunito. Ma in aula a Verona Ines Rossi, scomparsa a 96 anni il 1º novembre scorso, ci entrerà lo stesso. E varcherà quella soglia grazie a un video. Un video registrato in cui la donna - l'ultima delle vedove della strage - ripercorre le tappe di quel terribile 20 marzo 1944, giorno in cui marito e suocero le furono strappati con crudeltà, ammazzati dai nazisti «con la complicità dei fascisti». E sarà la figlia Anna Maria ad «accompagnarla» in quel tribunale militare, quando, da dicembre in avanti, i testimoni di Cervarolo cominceranno a sfilare dinanzi ai giudici. Per l'occasione, Anna Maria produrrà un dvd contenente il filmato col racconto di Ines. «E sarà come se lei non fosse mai morta», dice Italo Rovali, che assieme a Massimo Storchi (ricercatore di Istoreco) ha scritto «Il primo giorno d'inverno», dedicato ai fatti e al luogo della tragedia: 24 civili trucidati, parroco compreso. Sul banco degli imputati dodici tra ufficiali, graduati e soldati tedeschi che appartenevano alla divisione Hermann Goering che proprio in quegli anni operava nei territori a ridosso della linea gotica (Andrea Speranzoni, Ernesto D'Andrea e Vainer Burani il collegio degli avvocati per le parti civili). Proprio Storchi, però, sempre a Verona ieri è stato tra i protagonisti di un'udienza che in qualche modo ha rappresentato l'inizio vero e proprio del processo. «Siamo entrati nel merito dei fatti», racconta lo stesso Storchi al termine di un'audizione durata 4 ore. Altrettante ore è durata quella di Toni Rovatti, che al pari di Storchi è il consulente tecnico per la strage di Monchio. La relazione di Storchi - una quarantina di pagine - a questo punto è stata acquisita agli atti. Tre i punti salienti del suo ampio racconto: la figura del parroco, «martire nel vero senso della parola, visto che avrebbe anche potuto salvarsi a scapito dei suoi parrocchiani ma non l'ha fatto», le peculiarità delle persone catturate, «anziani, handicappati e paralitici, a ulteriore testimonianza di una ferocia davvero priva di senso», e il ruolo dei fascisti, «che con le informazioni fornite ai nazisti hanno fatto sì che l'eccidio avesse luogo. Hanno collaborato, insomma, alla morte, e non alla salvezza, dei connazionali». Inserita la relazione tecnica di Storchi nel fascicolo dibattimentale, la prossima settimana - martedì 16 - inizieranno a sfilare i testimoni. Prima quelli di Monchio. Poi - il 17 dicembre, il 26 e 27 gennaio - sarà la volta dei reggiani. (mi.sc.)

venerdì 12 novembre 2010

Vergato (Bo), 20 novembre 2010: Ronchetti "Il coraggio non si compra"



Comune di Vergato
Centro Sociale Polivalente "Franco Nanni"
A.N.P.I. Vergato

Sabato 20 novembre 2010 ore 17.00
presso il Centro Sociale "Franco Nanni"
Via Fornaci - Vergato


PRESENTAZIONE DEL LIBRO
"Il coraggio non si compra"


Interverranno:
gli autori Gino Costantini e Gabriele Ronchetti
Coordina lo storico Massimo Turchi

A conclusione piccolo rinfresco offerto dal Centro Sociale
Ingresso gratuito

Resto del Carlino Bologna: "Monte San Pietro parla di guerra col regista Diritti"


Dal Resto del Carlino Cronaca di Bologna del 12 novembre 2011 (p. 30)
Monte San Pietro parla di guerra col regista Diritti
di Francesco Fabbriani

—MONTE SAN PIETRO— MONTE San Pietro e Monzuno si uniscono in un programma finalizzato a una discussione sull’ultimo conflitto mondiale. Domani alle 15, nell’Auditorium della Scuola Media a Calderino di Monte San Pietro, si terrà un seminario dal titolo ‘Le stragi di guerra come fratture. Diverse prospettive di lettura’. Interverranno Fabio Dei, docente di antropologia culturale, Giorgio Diritti, regista del film ‘L’uomo che verrà’, Andrea Speranzoni, avvocato di parte civile nei processi delle stragi, Paolo Pezzino, docente di storia contemporanea e Adriano Zamperini, docente di psicologia sociale. DOMENICA si prosegue a Monterumici di Monzuno, dove si terrà una escursione con diorama vivente dal titolo ‘17 ottobre 1944: le voci dopo la strage’. «Sarà presentata una serie di situazioni— precisa il referente del progetto Massimo Turchi — che avranno per protagonisti soldati tedeschi, alleati e partigiani, frutto di una lunga ricerca storica». Il 17 ottobre motiva il titolo poiché a quella data del ’44 seguì una pausa dell’attività bellica dopo diversi attacchi alleati rintuzzati con fatica dai tedeschi. «L’obiettivo del progetto — prosegue Turchi — è quello di far riflettere sulla drammaticità della guerra e di come cambia l’uomo in questo frangente». Il ritrovo è in piazza a Vado di Monzuno, alle 9,30, da cui ci si trasferirà con mezzi propri a Monterumici. A Brento, alle 15, presso il Circolo di Monte Adone, è poi prevista una conferenza su ‘Gli effetti del passaggio del fronte’. Relaziona Giancarlo Rivelli, dell’associazione Linea Gotica - Officina della Memoria. Introduce Gabriele Ronchetti. L’incontro termina con l’apertura di un ricco stand gastronomico. Informazioni al 338.5438966 e al 338.1917149.

domenica 31 ottobre 2010

13-14 novembre 2010 - Monte San Pietro e Monzuno: "Le stragi di guerra come fratture"


Regione Emilia Romagna
Provincia di Bologna
Comune di Monte San Pietro
Istituto per la storia della Resistenza e della societá contemporanea nella provincia di Bologna
Associazione Linea Gotica - Officina della Memoria
Associazione La Rana dalla bocca larga - Cinerana
Associazione culturale La Conserva

13 NOVEMBRE 2010 - Monte San Pietro
Auditorium Scuola Media
via IV Novembre, 4
Calderino di Monte San Pietro - Bologna
ore 15
Seminario
Le stragi di guerra come fratture
Diverse prospettive di lettura


Interventi:
Fabio Dei, docente di Antropologia culturale all’Università di Pisa
Giorgio Diritti, regista del film “L’uomo che verrà” "Il vento fa il suo giro"
Andrea Speranzoni, avvocato di parte civile nei processi delle stragi di Marzabotto, Casalecchio di Reno e Monchio
Paolo Pezzino, docente di Storia contemporanea all’Università di Pisa
Adriano Zamperini, docente di Psicologia sociale all’Università di Padova
Coordina: Giusi Marcante (Radio Città del Capo - Bologna)


Con il contributo di
Coop Reno
Intermediazioni immobiliari Leli

L'iniziativa rientra tra le attività del Festival della Storia 2010

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Regione Emilia Romagna
Provincia di Bologna
Comune di Monzuno
Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nella provincia di Bologna
Associazione Linea Gotica - Officina della Memoria
Associazione La Rana dalla bocca larga - Cinerana
Associazione culturale La Conserva
Circolo Monte Adone

14 NOVEMBRE 2010 - Monzuno
Escursione con diorama vivente
17 ottobre 1944: le voci dopo la strage
Ritrovo in piazza a Vado (Monzuno) ore 9,30
traferimento con mezzi propri a Monterumici
Info: Massimo Turchi 335.7209899 massimoturchi@libero.it

Brento ore 15,00 presso il Circolo di Monte Adone
Conferenza
“Gli effetti del passaggio del fronte”
di Giancarlo Rivelli (Ass. Linea Gotica - Officina della Memoria)
introduce Gabriele Ronchetti
Stand gastronomico Circolo Monte Adone - prenotazioni: 338.5438966 - 338.1917149
(Crescentine doppie farcite - Patatine fritte - Acqua - Bibite - Caffé)

Con il contributo di
Emilbanca Credito Cooperativo
Coop Reno
Savenottica Plus
A.R. Alimentari

Si ringrazia l'assessore alla cultura del Comune di Monzuno Ermanno Pavesi
L'iniziativa rientra tra le attività del Festival della Storia 2010

lunedì 25 ottobre 2010

Il Parco Nazionale della Pace di Sant’Anna di Stazzema a Deinze per un convegno europeo sulla memoria


Dal sito www.santannadistazzema.org riportiamo la notizia:

Convegno a Deinze sui luoghi di memoria in Europa

Il Parco Nazionale della Pace di Sant’Anna di Stazzema a Deinze per un convegno europeo sulla memoria
Il vicesindaco di Stazzema Maurizio Verona ha incontrato Herman Van Rompuy, Presidente del Consiglio Europeo

STAZZEMA- Si sono svolti a Vinkt, nel comune di Deinze in Belgio, le celebrazioni per il 70 anniversario della strage di civili nella quale furono uccise ottanta persone alla presenza del Presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy. Per celebrare l’occasione, giovedì 21 e venerdì 22 ottobre si è svolto un importante convegno nel castello di Ooidonk al quale è stato invitato il Parco Nazionale della Pace di Sant’Anna di Stazzema con il vicesindaco di Stazzema, Maurizio Verona, assieme al dr. Simone Caponera e al dr. Simone Tonini del Museo Storico della Resistenza di Sant’Anna. Verona si è incontrato con Van Rompuy per parlare di Sant’Anna e avviare un dialogo per progetti assieme all’Unione Europea. “Il Parco Nazionale della Pace sta assumendo un’impronta sempre più europea, per un respiro internazionale delle iniziative” - commenta Verona. “E’ fondamentale mettere in rete le città teatro di strage per sviluppare progetti ed attività comuni”. A Deinze, oltre al Parco Nazionale della Pace, sono stati inviatati dall’Ename Centre, l’ente organizzatore della manifestazione (assieme al Governo belga, l’Unione Europea e il comune di Deinze), la Scuola di Pace di Monte Sole, l’Associazione nazionale vittime del Nazismo (Vn-Bda, Germania), Oradour (Francia), Michniów (Polonia), Vinkt, Meigem (Belgio), Putten (Olanda). La sessione accademica è stata tenuta dal prof. John Carman dell’Università di Birmingham. Le delegazioni sono state accolte dal Conte Juan t’ Kint de Roodenbeke nel suo castello alle porte di Deinze. “Nella prima giornata di lavori” - prosegue Verona - “ciascuna realtà si è presentata, illustrando la storia e come viene perpetrata la memoria dei fatti. Il Parco Nazionale della Pace di Sant’Anna fino a pochi anni fa non era molto conosciuto in Europa ma dopo il processo le cose sono cambiate. Si è parlato molto di Sant’Anna anche il secondo giorno, quando ho consegnato al Presidente Van Rompuy il materiale e le informazioni relative al Parco Nazionale della Pace”. Venerdì le delegazioni si sono recate nella chiesa di Vinkt per rendere omaggio alle vittime del massacro del 1940; con una sobria ma sentita commemorazione, Van Rompuy, assieme al Ministro della Difesa belga, Pieter de Crem, il sindaco di Deinze e le autorità locali hanno sottolineato l’importanza di questo convegno. “E’ molto importante preservare la memoria” - ha detto Van Rompuy durante l’incontro con Verona, ringraziando la delegazione di Stazzema per essere andata a Vinkt.

mercoledì 20 ottobre 2010

Campo Tizzoro (San Marcello P.se): Ritorno alla SMI


Le riprese del documentario sulla battaglia della Maceglia si sono concluse sabato scorso con la visita alla ex-fabbrica di munizioni della SMI (Società Metallurgica Italiana) a Campo Tizzoro. Erano più di sessant'anni che gli ex-partigiani non entravano nello stabilimento. La visita ai bunker sotterranei della fabberica è stata molto emozionante.


La targa a Campo Tizzoro

Due articoli tratti dal Tirreno - Pistoia del 6 ottobre 2010 riguardanti la visita dei nipoti dell'ing. Kurt Kayser a San Marcello P.se

«Non sapevamo che lo zio era un eroe»
Tornerà nel 2011 la famiglia dello "Schindler" di Campo Tizzoro

di A.S.
SAN MARCELLO. Hanno lasciato ieri mattina la Montagna pistoiese, ma quasi certamente torneranno a San Marcello nel 2011, in occasione del centenario della nascita della Smi di Campo Tizzoro. Si tratta di Jeans Kaiser, di sua moglie Mae e dei figli Tina e Led che, lunedì, nella sala consiliare del Comune, hanno ricevuto dal sindaco Carla Strufaldi una targa con lo stemma del comune di San Marcello in memoria di Kurt Kaiser (di cui Jeans è bisnipote), che durante l'occupazione nazista, quando era ingegnere capo dello stabilimento Smi, salvò decine di operai, entrati a far parte della Resistenza, dalla fucilazione. L'ingegnere tedesco fu anche colui che salvò dalla distruzione certa l'intero stabilimento, perché le truppe tedesche in ritirata non volevano lasciare agli alleati anglo-americani una cosi ghiotta fabbrica di armi a loro disposizione. In Italia la storia di Kaiser ha iniziato ad essere conosciuta grazie ad un libro di Daniele Amicarella, ma in Germania è stata una ricercatrice pistoiese, che lavora là, a mettere un'inserzione sul giornale per conoscere i parenti di Kurt Kaiser. «Noi non sapevamo nulla - ha detto Jens Kaiser ricevendo la targa dalla mani del sindaco - che il nostro parente fece tutto questo. Lo abbiamo saputo solo da due settimane e la Tv tedesca tra poco girerà un documentario su nostro zio. Sono veramente emozionato di questa accoglienza. So che era molto riservato e non amava mai parlare dei fatti inerenti alla Seconda guerra mondiale, per questo motivo nessuno in famiglia ha mai saputo nulla. Sono anche venuto a conoscenza e sempre da poco, che una targa con il nome di mio zio è apposta a Campo Tizzoro, accanto ai vecchi rifugi anti aerei». Targa che l'amministrazione comunale di San Marcello collocò il 25 Aprile del 2009. «Tra un anno ricorreranno i cento anni della nascita della Smi - ha spiegato a Jens Kaiser al termine della cerimonia il sindaco Strufaldi - vorrei che tu e tutta la tua famiglia foste presenti per quell'occasione, ci farebbe immensamente piacere».


Salvò decine di operai della Smi
Targa al pronipote di Kayser: non sapeva dell'illustre bisnonno

di Roberta Ripaoni
S.MARCELLO. Che effetto fa scoprire improvvisamente che tuo bisnonno è stato un eroe e che ha salvato la vita a centinaia di persone? Ecco una delle tante storie della Resistenza, delle quali la nostra montagna è ricca, che tornano dal passato, riaffacciandosi nel presente, forse come monito alla memoria. L'ignaro, fino a poco tempo fa, protagonista è Jens Kayser, bisnipote di Kurt Kayser, un ingegnere tedesco che, durante la seconda guerra mondiale, fu mandato sui monti sanmarcellini a controllare la produzione bellica della Smi di Campotizzoro e che, servendosi della propria autorità, mise in salvo un gran numero di civili condannati a fucilazione. E chissà qual'è stato anche lo stupore dell'amministrazione di San Marcello, quando è venuta a sapere, da passaraparola, che un parente del cosiddetto " Il Kaiser" si trovava proprio da queste parti, spinto dall'annuncio pubblicato su un giornale tedesco. «E' una vicenda curiosa - spiega Luisa Soldati, vicesindaco di San Marcello - appena ci hanno informato che un nipote di Kurt Kayser era qui, abbiamo voluto incontrarlo e rendere il dovuto omaggio alla memoria dell'ingegnere, scomparso venti anni fa, con una cerimonia nella sala consiliare e la consegna di un piatto con lo stemma comunale, in segno di riconoscimento alla grande umanità e al coraggio di questo personaggio». Una vicenda a molti nota, quella de "Il Kaiser", raccontata anche in un libro da Daniele Amicarella, ma che il bisnipote dell'ingegnere non conosceva ed ha scoperto solo alcuni mesi fa. «Il tutto è nato da un annuncio di una giornalista italiana, che sta facendo alcune ricerche sulla resistenza e che proprio in Germania stava cercando i parenti di Kurt Kayser - continua Soldati - il bisnipote, ricostruendo la vicenda e incuriosito dalla storia, è venuto in Italia ed è arrivato fino qui, a Campotizzoro». Un ruolo insospettabile quello dell'ingegnere Kayser, che non era uomo d'armi e che silenziosamente è diventato una sorta di eroe per tutta la montagna pistoiese. «La Smi era una fabbrica di munizioni, allo stesso tempo, vero e proprio laboratorio della Resistenza - spiega il vicesindaco - Kayser era stato mandato per visionare la produzione, ma, avvalendosi del proprio ruolo, ha aiutato di nascosto le cellule della Resistenza ed ha messo al sicuro la vita di tante persone, fingendo ordini o speciali lasciapassare per gli operai e non solo. In questo modo ha contribuito alla lotta partigiana e ha preservato dalla distruzione un realtà industriale, fonte importante di lavoro locale». Una sorta di Oscar Schindler della montagna pistoiese, insomma, al quale il comune di San Marcello ha voluto rendere tributo. «Kurt Kayser era già venuto in Italia agli inizi degli anni 80, raccontando la sua storia - conclude Soldati - ma allora era mancata l'occasione per un riconoscimento da parte del nostro territorio. Lo abbiamo fatto adesso, tramite il bisnipote. E' stata una circostanza commovente, il ricordo di quella storia è ancora forte e presente in montagna».

giovedì 14 ottobre 2010

Buon compleanno "Uomini in guerra sulla Linea Gotica": 37.618 visite, due anni ben portati!



Il 13 ottobre 2008 abbiamo creato il sito internet www.progettolineagotica.eu utilizzando pagine gratuite di Google, contenitore del progetto educativo "Uomini in guerra sulla Linea Gotica", che ha da subito riscosso grande attenzione sia in Italia che all'estero.

I numeri: 37.618 visite provenienti da 105 Paesi

1. Italy 33.922
2. Germany 640
3. United States 609
4. Brazil 420
5. France 299
6. Switzerland 281
7. United Kingdom 232
8. Spain 107


Il blog del progetto educativo (http://progettolineagotica.blogspot.com) invece è stato realizzato il 10 gennaio 2009 e da allora ha totalizzato 25.336 visite per una media giornaliera di 39.

Nel 2010 il progetto ha creato la pagina su facebook "Uomini in guerra sulla Linea Gotica" e ad oggi conta 327 fan

Nell'aprile di quest'anno è nata l'"Associazione "Linea Gotica - Officina della Memoria" nella quale il progetto educativo è confluito e presto sarà online con un nuovo sito internet...

GRAZIE!



Massimo Turchi